I nuovi poveri “sono quelli che si vorrebbe far passare come rifiuti della società. Li descrivono come galeotti dall’accento meridionale, mentre non sono altro che donne e uomini che hanno perso un lavoro o che, quando ce l’hanno, percepiscono paghe al di sotto della soglia di povertà. Gente che per questo Governo non ha neppure il diritto di esistere”. Loredana Marino, di Laboratorio Sud, parla a margine della presentazione della proposta di legge regionale della Misura integrativa di sostegno al reddito (Mir). Un progetto presentato dalla consigliera regionale del Gruppo Misto Maria Muscarà dopo che la stessa proposta di iniziativa popolare, sostenuta da oltre 5mila firme, appena sei mesi fa è stata snobbata da chi avrebbe dovuto calendarizzarla per legge.
“Abbiamo un obiettivo – spiega Muscarà – che è quello di difendere la dignità delle famiglie della Campania e di tutelare le migliaia di padri e madri che devono poter tornare a casa senza vergognarsi agli occhi dei propri figli. Cittadini a cui da un giorno all’altro è stata sottratta l’unica forma di reddito che consentiva loro di sopravvivere”.
Quel reddito di cittadinanza di cui la Campania, con la provincia di Napoli in testa, deteneva il maggior numero di percettori. La legge a firma Muscarà propone di elargire un reddito totale o integrativo fino a 500 euro mensili a beneficio di quanti hanno perso ogni forma di sostegno e comunque fino all’ottenimento di un lavoro. Una platea che in Campania conta ad oggi oltre 44mila nuclei (calcolati sui dati diffusi fino a tutto novembre 2023 dall’osservatorio Inps) che hanno perso il reddito di cittadinanza, gran parte dei quali non hanno neppure i requisiti previsti per il percepimento dell’assegno di inclusione.
Sono infatti esclusi da ogni forma di assistenza i meno scolarizzati (che non hanno conseguito la licenza media), gli over 60, chi non ha un disabile nel proprio stato di famiglia e le giovani coppie senza figli. Proprio la percentuale che andrebbe a gravare di più sui conti dello Stato. Un dramma che assume proporzioni disastrose proprio nella regione nella quale, cifre Inps alla mano, fino al mese di giugno 2023 le famiglie che hanno beneficiato di reddito di cittadinanza erano 208.602, con 533.299 persone coinvolte.
Con le decadenze comunicate con il drammatico sms di luglio e nei mesi successivi, in attesa del dato di dicembre, si calcola un blocco delle erogazioni per 44.311 nuclei, per un totale di almeno 75mila persone che vivono senza alcuna forma di reddito o di sostegno al reddito. “Un dato ancor più drammatico – sostiene Rosario Marra, del Comitato di scopo Regionale per l’istituzione del Mir – in una regione che ha il più alto tasso di disoccupazione e non ha un’organizzazione adeguata per incrociare domanda e offerta di lavoro. Il fine di questa legge è restituire dignità a quanti questo Governo l’ha sottratta, allargando la platea anche a coloro che sono stati esclusi dall’assegno di inclusione”.
Una misura studiata sulla scorta di quanto già fatto in Puglia dal 2016, con l’introduzione del reddito di dignità, e che andrebbe ad integrare anche i 350 euro erogati oggi con l’assegno di supporto formazione-lavoro. A carico della Regione si calcola un investimento di 154 milioni a valere sul bilancio di previsione del triennio 2024-2026.
“I soldi ci sono – spiega Marra – quella delle coperture finanziarie è sempre stata una questione politica e non finanziaria. I poveri della Campania ora capiranno se la politica regionale vuole o meno mettere a loro disposizione queste risorse”. Fitto di nomi e realtà il Comitato di scopo per l’istituzione del Mir. Alla conferenza di presentazione della proposta di legge in Consiglio regionale, c’erano anche Pietro D’Alise del Partito Comunista Italiano, Tullio Coppola della Confederazione Cobas, Rino Malinconico di Rifondazione Comunista e l’avvocato Elena Coccia. Tra gli estensori della legge e da avvocato esperto in diritto di famiglia, Coccia sottolinea che il provvedimento rappresenta anche un reddito di libertà, sottolineando che “l’incolumità di alcune donne dipende soprattutto dalla possibilità di essere autosufficienti dal punto di vista economico”.
Una mano tesa agli ultimi, alcuni dei quali presenti ieri in conferenza. Come Mary Caputo, quattro figli, di cui due minorenni da mandare a scuola, che oggi vive “senza neppure la garanzia di poter mettere un piatto a tavola”. O come Carmine, che 3 anni fa ha perso il lavoro per assistere la madre malata .“Vivo con 350 euro di assegno di inclusione e sono a rischio sfratto”, raccona, invece, Domenico, 53 anni. “Hanno ignorato la proposta già una volta – conclude Muscarà – ora i consiglieri regionali non possono farlo ancora una volta”.