L’inaugurazione dell’anno giudiziario della Cassazione, come tradizione vuole, è il momento per capire a che punto è la giustizia e, soprattutto, in che direzione si sta andando. Ed ecco, allora, l’arduo compito ieri in mano al Procuratore Generale presso la Corte, Riccardo Fuzio, e al primo presidente della Cassazione Giovanni Mammone, di snocciolare dati, fornire numeri che diano conto dello stato dell’arte. Questa volta, però, ci si aspettava qualche parole in più rispetto ai soliti numeri, visti gli annunci fatti dal Governo nei mesi e nelle settimane precedenti. E così è stato.
Anche se da angolature differenti, quel che è chiaro è che la stessa magistratura chiede a gran voce una riforma strutturale del processo penale, anche alla luce dello stop alla prescrizione, fortemente voluto dai Cinque stelle, che partirà dal 2020. “Se può condividersi certamente l’idea di fondo di una sospensione (anche amplissima) della decorrenza della prescrizione dopo un primo accertamento giudiziale significativo, quale la sentenza di primo grado – ha detto non a caso Fuzio – perché tale abbrivio decolli verso una razionalità di sistema occorrerà che siano rimodellati tutti i tempi ragionevoli del processo, da quelli dell’impugnazione per risalire a quelli dell’azione”.
A dar ragione a tale esigenza i dati snocciolati da Mammone che, in riferimento alla prescrizione, ha sottolineato “il notevole tasso di incidenza delle prescrizioni” in Appello, pari al 25% circa (25,8% nel 2017 e 24,8% nel primo semestre del 2018) del numero dei procedimenti definiti dalle Corti stesse. Significa che un quarto dei processi si prescrive durante il secondo grado di giudizio. Ed è anche per questo, dunque, che a gran voce è stato chiesto il completamento della riforma accanto allo stop alla prescrizione. Esattamente come nei piani di Alfonso Bonafede. Che, non a caso, ha sfruttato l’occasione per annunciare che “a febbraio le riforme della procedura penale e della procedura civile saranno oggetto di un unico disegno di legge delega”. Un aspetto essenziale perché altrimenti ci troveremo nuovamente di fronte a interventi, come ha denunciato Fuzio, “rapsodici, emotivi, privi di una ratio a tutto tondo”.