di Andrea Koveos
Chi non vota la fiducia al Governo è fuori dal Pd. Una minaccia chiara che non lascia spazio alla democrazia. Le riunioni, i dibattiti, le concertazioni favoriscono i dissidenti e le scissioni. Molti nel partito democratico si sono convinti che l’unica via d’uscita dalla crisi interna è l’ordine gerarchico. Imposto dall’unico vero leader unanimemente riconosciuto, Giorgio Napolitano. Senza metafore né giri di parole, anche per deputato Francesco Boccia tutti i colleghi devono rimanere allineati e coperti (di compagni, ormai, non ce ne sono più). Chi non darà il proprio assenso al presidente del Consiglio incaricato Gianni Letta, deve essere espulso dal partito. Monito che sembra già essere caduto nel vuoto. Il Pd sul voto a Letta è diviso e questa volta il motivo è piuttosto evidente: la fiducia questo tipo di esecutivo nascerebbe con il timbro di una forte presenza di elementi del Pdl.
La realtà di un partito, di tutti i partiti, è molto diversa da come l’ha immaginata Bersani alla vigilia delle elezioni per il presidente della repubblica. Il Pd si è tenuto ben stretto i vincoli e i limiti imposti dalle varie correnti al funzionamento del partito stesso. E il suo segretario ha creduto, illudendosi, che i capi bastone, provenienti da storie e culture oggettivamente diverse si fossero adeguati alla volontà della base che si è espressa attraverso le primarie. Alla fine le divisioni sono venute fuori e forse in maniera ancora più brutale. La casta, in qualsiasi ambito si parli, non calpesta mai quelle clausole di sicurezza con cui difende sé stessa. Cose che si conoscono, eccome, ma forse è giunto il momento di darci un taglio. Anche perché le prove di democrazia interna sono miseramente fallite con i maldestri tentativi di elezioni del Capo dello Stato che hanno causato le dimissioni di Bersani e di Bindi, rispettivamente da segretario e presidente.
Prima Franco Marini e poi Romano Prodi hanno decretato la fine (semmai ci fosse stato un inizio) di una formazione politica che, più che democratica, è anarchica. Anarchia che rischia ora una distruzione definitiva. Qualcuno lancia l’allarme. Basta ipocrisie, basta figuracce e basta anche con le diverse anime di un unico corpo. Basta con i turchi, i renziani, i cattolici e i liberali. Le dichiarazioni di Boccia non lasciano spazi di interpretazione. Checché ne dica la sua è una minaccia bella e buona. Il rispetto di un ordine gerarchico è fondamentale specialmente in un momento delicato come quello che sta vivendo il Pd. “Le regole per una grande forza politica – ha detto Boccia – sono il naturale ambito in cui si vive e si lavora, soprattutto dopo un momento di grande difficoltà”.
Tanto per rimanere in tema è arrivata puntuale la replica di Pippo Civati: “Chi non è d’accordo va ascoltato, non espulso”. Anche la Serracchiani avverte che se letta fallirà si dovrà andare subito al voto. Niente da fare, i panni sporchi il Pd li lava in pubblico; la democrazia è un alibi. E sul bottone dell’autodistruzione è stato già tolto il tappo di protezione. Un disastro tranne che per D’Alema che spera nella delega agli Esteri.