Auspica che il governo sia a sua immagine e somiglianza. Che parli una lingua “mite”. Che i ministri adottino il suo stile: “Sobri nelle parole e operosi nelle azioni”. Giuseppe Conte si presenta alla Camera per chiedere la fiducia e la ottiene con 343 sì. Prende le distanze dal “frastuono dei proclami inutili e delle dichiarazioni bellicose e roboanti”.
PATTI CHIARI. Difficile non leggervi una presa di distanza dall’esuberanza di Matteo Salvini. Distanza che si trasformerà in netta condanna dei leghisti in sede di replica dove il premier tirerà fuori gli artigli. Cita Giuseppe Saragat, si prepara a celebrare Dante Alighieri. Sempre con sobrietà mette un punto fermo alle polemiche che sono seguite alle dichiarazioni un po’ improvvide di alcuni esponenti Pd. Dal ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli che si era spinta in avanti su Tav, Gronda e concessioni ad Autostrade all’uscita del vicesegretario del Pd Andrea Orlando sulla giustizia.
Sulle concessioni autostradali questo governo “porterà a completamento il procedimento senza nessuno sconto per gli interessi privati”, dice Conte. “Il nostro Paese necessita poi di una riforma della giustizia civile, penale e tributaria, anche attraverso una drastica riduzione dei tempi, e una riforma del metodo di elezione dei membri del Csm”, scandisce il premier. Secondo cui “Bonafede offre tutte le garanzie di continuare un progetto al quale aveva iniziato a lavorare già”.
Nel menù del premier in cima alla lista ci sono gli aiuti alle famiglie: il primo intervento sarà sugli asili nido. Poi la scuola, l’università, la ricerca per fermare la fuga di cervelli all’estero, l’innovazione per cui è stato previsto un dicastero. Va ravvivata “la dinamica degli investimenti”, anche attraverso l’istituzione di una banca pubblica, accelerare sulla ricostruzione delle aree terremotate, fermare con una norma ad hoc nuove trivellazioni per l’estrazione di idrocarburi.
La prossima legge di bilancio sarà “impegnativa”: stop all’Iva e riduzione del cuneo fiscale. Perché “tutti devono pagare le tasse affinché tutti possano pagare meno”. Migliorare il Patto di stabilità e di crescita Ue, salario minimo, una legge sulla parità di genere nelle retribuzioni. Sì all’Autonomia differenziata ma senza “aggravare il divario fra Nord e Sud”. Legge sull’acqua pubblica, massima attenzione al tema delle disabilità. E ancora: riduzione del numero dei parlamentari da affiancare alla riforma elettorale. Revisione dei decreti sicurezza alla luce delle osservazioni critiche formulate dal Colle. E poi immigrazione tra lotta alla clandestinità, integrazione e rimpatri.
Conferma della vocazione euro-atlantica. Nella replica Conte sferza senza pietà i leghisti e Salvini: “Parlate di tradimento – dice – ma io difendo la coerenza dei Cinque stelle al loro programma, voi siete invece coerenti alle vostre convenienze elettorali”. E giù duro: “Pensare che una singola forza politica o addirittura il suo leader possa decidere ogni anno a suo piacimento o addirittura a suo arbitrio di poter portare il Paese alle elezioni è irresponsabile”. Moltissimi gli applausi, moltissime le contestazioni.
Oggi è la volta del Senato dove i numeri sono meno sicuri che a Montecitorio. A Palazzo Madama la maggioranza assoluta è di 161. I tre gruppi che sostengono il governo contano in teoria su 162 seggi (107 M5S, 51 il Pd e 4 Leu), ma il pentastellato Gianluigi Paragone ha annunciato che non darà la fiducia a Conte, mentre Mario Giarrusso e il dem Matteo Richetti sono indecisi. Ai 159 sì sicuri se ne aggiungono altri 3 del gruppo delle Autonomie, altri potrebbero arrivare sempre dal Misto e altri ancora dai senatori a vita. Portando l’asticella a quota 168-170. Ben oltre i numeri del Governo gialloverde.