Un Paese sempre più vecchio: la Legge 104 ormai è solo un cerotto

La legge 104, pensata per sostenere le famiglie, non regge più: cresce il bisogno di assistenza e il peso ricade soprattutto sulle donne.

Un Paese sempre più vecchio: la Legge 104 ormai è solo un cerotto

Prendersi cura dei propri famigliari non basta più. L’analisi dell’andamento dell’utilizzo dei permessi retribuiti previsti dalla legge 104 (che dovrebbe garantire  assistenza, integrazione sociale e diritti dei disabili e di coloro che devono occuparsi di loro) nel settore privato extra-agricolo dal 2005 al 2022 fatta da Maria De Paola e Luca Sommario dimostra come lo strumento non sia già ingrato di rispondere efficacemente. La quota di lavoratori che ne usufruiscono è cresciuta vertiginosamente, passando dallo 0,26% al 2,3%: una variazione che riflette l’aumento della popolazione anziana e la crescente necessità di assistenza.

Un bisogno crescente: il peso della cura sulle donne italiane

Non si tratta di crude cifre sulla carta ma di un segnale concreto che evidenzia un cambiamento nei bisogni sociali. Le persone che si prendono cura dei propri familiari con disabilità grave stanno diventando sempre più numerose e sono principalmente donne. Anche se formalmente la legge 104 è accessibile a tutti, nella realtà sono le donne a portare avanti la maggior parte del lavoro di cura, rappresentando un 60% dei beneficiari dei permessi, con una predominanza maggiore nelle regioni del Sud. In una società che ancora non ha realizzato un’effettiva parità di genere, il carico familiare della cura ricade su di loro in modo sproporzionato, alimentando un ciclo che aumenta la pressione sulle donne lavoratrici, riducendo per loro opportunità di carriera e aumentando il rischio di uscire dal mercato del lavoro.

L’evoluzione delle esigenze assistenziali – si legge nello studio dei due economisti pubblicato sull’ultimo numero della rivista dell’associazione Etica e Economia – è dettata non solo dall’invecchiamento ma anche da condizioni demografiche e sociali. Basti pensare che, secondo i dati Istat del 2021, quasi un terzo (28,4%) degli italiani sopra i 65 anni soffre di gravi limitazioni motorie, sensoriali o cognitive. Tale percentuale sale al 40% tra gli over 80, un dato che evidenzia quanto sia difficile per queste persone mantenere un’autonomia. Non si tratta più, quindi, solo di un sostegno per chi è affetto da disabilità congenite o di lungo corso ma di una risposta a una condizione cronica di fragilità che arriva spesso con l’età avanzata. E se pensiamo al progressivo allungamento della vita media si prevede che il fenomeno sarà in continuo aumento nei prossimi decenni.

È interessante osservare che la distribuzione territoriale dell’uso dei permessi 104 non riflette il tradizionale divario Nord-Sud in modo lineare. Alcune aree del Centro e del Nord, come le province di Perugia (dove l’incidenza dei permessi è al 4,44%) e Roma (3,73%), vedono una quota molto elevata di lavoratori che usufruiscono dei permessi, mentre altre aree, come Bolzano e Agrigento, si collocano al di sotto dell’1%. Questa variabilità territoriale riflette non solo differenze culturali, ma anche la diversa composizione del tessuto occupazionale e sociale. Nelle aree in cui è più alta la presenza di lavori stabili e a tempo pieno è più probabile che le persone abbiano la possibilità di prendere giorni di permesso senza subire gravi contraccolpi economici, mentre nelle aree con maggiore incidenza di lavoro informale, il quadro è più complicato.

La legge 104 alla prova dei tempi: un sistema in crisi

La legge 104, introdotta ormai oltre trent’anni fa, ha indubbiamente rappresentato un pilastro per il sostegno delle famiglie italiane che si trovano a gestire situazioni di disabilità. Tuttavia il contesto in cui venne pensata era molto diverso. La demografia, l’economia e le strutture familiari erano tutte profondamente diverse rispetto a oggi. Basti pensare che, all’epoca, il supporto famigliare era ancora spesso fornito da famiglie numerose in cui più membri contribuivano all’assistenza. Oggi, invece, sono sempre più comuni nuclei familiari ristretti o addirittura famiglie monocomponenti, spesso impossibilitate a contare su un aiuto esterno. La trasformazione sociale risulta evidente osservando l’aumento del numero di persone che ricorrono a servizi assistenziali, nonostante la difficoltà di accesso e i costi elevati.

Proprio qui sta il punto critico: la legge 104, che pur rimane uno strumento essenziale, non è più sufficiente. Il peso della cura grava interamente sui familiari che non dispongono di alternative valide o accessibili. Il problema non può essere risolto semplicemente incrementando il numero di permessi ma richiede una riforma strutturale che integri nuovi strumenti e servizi. In paesi come la Germania e la Svezia, ad esempio, sono stati introdotti programmi di supporto specifici per l’assistenza agli anziani, che prevedono agevolazioni fiscali, incentivi economici e una maggiore accessibilità ai servizi di assistenza domiciliare. Anche in Italia, secondo lo studio, bisognerebbe pensare a una combinazione di misure simili che possano alleggerire il carico sui familiari e offrire un sostegno reale alle persone non autosufficienti. Prima che il già fragile sistema del welfare collassi del tutto.