di Gaetano Pedullà
Sarà un mandato senza illusioni. Come ha detto lui stesso. E come non si è fatto illusioni nessuno nel vedere il giuramento di Giorgio Napolitano. Un re senza corona, consapevole più di tutti che la sua rielezione al Quirinale non è una vittoria, ma il segno di una politica bloccata, incapace a due mesi da voto di fare un governo. E dunque prevedibilmente altrettanto incapace di fare quelle riforme che davvero servono subito al Paese. Adesso c’è da vedere se i partiti terranno fede all’impegno di trovare un’intesa e far prendere il largo a un esecutivo che sarà inevitabilmente fragile, frutto del compromesso (o inciucio se preferite) tra forze politiche presentatesi agli elettori come antitetiche. Naturale che i partiti assediati da Grillo respingessero la cosa più logica da fare: tornare subito al voto, con un’offerta politica nuova. Urne da evitare come la peste per il partito democratico in macerie. Un po’ meno rischiose, ma comunque pericolosissime, anche per il Pdl nel caso della discesa in campo di Renzi. Dunque Napolitano regni. E a Palazzo Chigi si mandi un Amato qualunque, guardato a vista da un manipolo di ministri politici, così da dividere equamente l’amaro delle medicine che come al solito gli italiani dovranno ingurgitare. Il rischio di perdere solo tempo è dunque moltissimo. Un rischio che Napolitano ha messo in conto e per il quale ha mostrato già ieri la sua polizza d’assicurazione: se i partiti mancheranno ancora una volta l’appuntamento con le riforme, allora sarà lui a trarne le conseguenze e, con i poteri che gli derivano dalla nuova elezione, sciogliere le camere e mandare tutti a casa. I leader sono avvisati. Impensabile non immaginare da adesso mesi tormentati e votazioni parlamentari zeppe di franchi tiratori. Speriamo che la pezza non sia troppo più grande del buco.