di Stefano Sansonetti
Sette anni di una liquidazione che ancora stenta a perfezionarsi. Uno stillicidio di inconcludenza che al momento avviluppa qualcosa come 90 milioni di euro. Di che si tratta? Semplice, dei soldi che dovrebbero essere distribuiti ad attori e musicisti italiani per i diritti di riutilizzo e trasmissione delle opere (musicali o audiovisive). Ebbene, il “tesoretto” in questione è ancora in pancia all’Imaie (Istituto per la tutela dei diritti degli artisti, interpreti ed esecutori), ovvero l’ente che fino all’ormai lontano 2009 si è trovato a gestire questi diritti in modo pressoché fallimentare. Al punto da essere commissariato dal Tribunale di Roma proprio nel maggio di quell’anno. Ma come è possibile che dopo tutto questo lasso di tempo la partita non sia ancora uscita dalle sabbie mobili? La cause, a quanto pare, sono le più diverse. L’Imaie, nato nel 1977, per decenni è stato gestito da Cgil, Cisl e Uil, che ne hanno combinate di tutti i colori. Non si spiegherebbe altrimenti il commissariamento del 2009.
IL CASO – Qualcuno poi fa notare che tra i commissari ai quali è stato affidato l’Istituto qualcuno forse ha un po’ troppi impegni collaterali. Il terzetto dei commissari, nel dettaglio, è composto da Giovanni Galoppi, Giuseppe Tepedino ed Enrico Laghi. Quest’ultimo, tanto per dire, figura anche tra i commissari dell’Ilva, forse la procedura più grande e difficile della storia economica italiana. Roba che dovrebbe assorbire ogni energia possibile di un professionista. E invece Laghi, oltre a essere commissario di Imaie e Ilva, è anche presidente del Cda di Beni Stabili, presidente del collegio sindacale di Prelios, presidente del collegio sindacale di Acea, sindaco effettivo di Unicredit, consigliere di amministrazione di Burgo Group. Più tutta una serie di altri incarichi. Dove trova il tempo di fare tutto? Vai a sapere. Ad ogni modo al 15 dicembre del 2015, su un totale di compensi spettanti ad artisti liquidato in 67,2 milioni, l’Imaie ha effettivamente pagato 32 milioni di euro. In più le risorse liquide di cui dispone ammontano a 90 milioni. I quali, in sostanza, devono ancora essere distribuiti ad attori e musicisti. Quanti di questi soldi arriveranno effettivamente a destinazione? Difficile dirlo, perché spesso manca la documentazione idonea a decifrare gli aventi diritto. La legge prevede che i residui attivi della liquidazione Imaie vadano nella disponibilità del Nuovo Imaie, la collecting (gestione dei diritti) nata tra gli altri su iniziativa di Luca Zingaretti, Lino Banfi e Claudio Baglioni. Ma anche su questo punto parrebbe in vista uno scontro con la Cooperativa 7607, collecting lanciata da Claudio Santamaria ed Elio Germano.
L’ATTRITO – “Noi ci siamo impegnati ad aprire un tavolo con tutte le collecting per ripartire pro quota il residuo dell’Imaie, cioè in proporzione agli artisti iscritti”, ha spiegato ieri a La Notizia Andrea Micciché, presidente del Nuovo Imaie. Ma Cinzia Mascoli e Luca D’Ascanio, presidente e consigliere della 7607, non ci stanno. D’Ascanio ha precisato “che l’ipotesi di una ripartizione tra le collecting è senz’altro sensata, ma non può essere considerata una concessione che ci fa Micciché”. A tal proposito, infatti, la Mascoli ricorda un’audizione in commissione cultura al Senato all’esito della quale il Governo era stato impegnato a introdurre norme che prevedessero una ripartizione proporzionale tra le varie collecting dei residui attivi dell’Imaie. In più la 7607 fa notare che tempo addietro è stato firmato un accordo con cui l’Imaie in liquidazione ha conferito al Nuovo Imaie il compito di individuare gli artisti aventi diritto alla ripartizione delle somme custodite dal vecchio istituto. Esito assurdo, per la 7607, visto che buona parte del personale amministrativo dell’Imaie, che non era stato in grado di condurre in porto le assegnazioni, è poi passato armi e bagagli al Nuovo Imaie. Ma è solo uno dei tanti capitoli di una schermaglia davvero infinita.
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