Un italiano su 4 a rischio povertà: la guerra al reddito di cittadinanza e al salario minimo presenta il conto

Secondo i dati Istat le retribuzioni delle famiglie calano e le disuguaglianze aumentano. In crescita i working poor

Un italiano su 4 a rischio povertà: la guerra al reddito di cittadinanza e al salario minimo presenta il conto

Il colpo di spugna sul Reddito di cittadinanza e il no al salario minimo del governo Meloni presentano il conto, smontando la propaganda della maggioranza sul boom dell’occupazione. I dati pubblicati ieri dall’Istat ci dicono che nel 2023 il reddito delle famiglie italiane è diminuito in termini reali e che le disuguaglianze di reddito si stanno allargando.

Aumenta la quota di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale, cala il reddito reale delle famiglie e peggiorano due indicatori-chiave dei divari di reddito come l’ammontare di reddito percepito dalle famiglie più abbienti in rapporto a quello percepito dalle famiglie più povere e l’indice di concentrazione di Gini.

Preoccupante il dato sulla povertà lavorativa: oltre un quinto dei lavoratori sono a basso reddito e aumenta la quota di occupati a rischio di povertà lavorativa.

Aumenta il numero delle persone a rischio povertà

La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale nel 2024 è pari al 23,1%, in crescita rispetto al 22,8% nel 2023, per un totale di circa 13 milioni e 525mila persone. Si tratta degli individui che si trovano in almeno una delle seguenti tre condizioni: a rischio di povertà, in grave deprivazione materiale e sociale o a bassa intensità di lavoro.

L’incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale si conferma essere più bassa per chi vive in coppia senza figli. Rispetto al 2023, l’indicatore aumenta per coloro che vivono in famiglie con cinque componenti e più (33,5% rispetto al 30,7% del 2023) e, soprattutto, per chi vive in coppia con almeno tre figli (34,8% rispetto a 32% del 2023).

L’inflazione riduce i redditi, aumentano le disuguaglianze

Già qualche giorno fa l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), nel suo Rapporto mondiale sui salari, aveva certificato che le retribuzioni in Italia sono inferiori di 8,7 punti rispetto a quelle del 2008, l’anno della grande crisi finanziaria. E “l’Italia si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo” e segna il risultato peggiore tra i Paesi del G20.

Ora arriva la conferma dell’Istat. Nel 2023, si stima che le famiglie residenti in Italia abbiano percepito un reddito netto pari in media a 37.511 euro, circa 3.125 euro al mese.

La crescita dei redditi familiari in termini nominali (+4,2% rispetto al 2022) non ha però tenuto il passo con l’inflazione osservata nel corso del 2023 (+5,9% la variazione media annua dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo, IPCA), determinando un calo dei redditi delle famiglie in termini reali (-1,6%) per il secondo anno consecutivo.

La diminuzione dei redditi in termini reali è particolarmente intensa nel Nord-est (-4,6%) e nel Centro (-2,7%), a fronte di una lieve riduzione osservata nel Mezzogiorno (-0,6%) e di una debole crescita nel Nord-ovest (+0,6%). Rispetto al 2007, la contrazione complessiva dei redditi familiari in termini reali è pari, in media, a -8,7% (-13,2% nel Centro, -11,0% nel Mezzogiorno, -7,3% nel Nord-est e -4,4% nel Nord-ovest).

Sale il numero dei lavoratori poveri

Una delle misure principalmente utilizzate nel contesto europeo per valutare la disuguaglianza tra i redditi degli individui è l’indice di concentrazione di Gini. Se calcolato sui redditi netti senza componenti figurative e in natura (definizione armonizzata a livello europeo), nel 2023, il valore stimato per l’Italia è pari a 0,323, in peggioramento rispetto all’anno precedente (quando era 0,315).

Nel 2023, l’ammontare di reddito percepito dalle famiglie più abbienti è 5,5 volte quello percepito dalle famiglie più povere (in aumento dal 5,3 del 2022).

Nel 2024 risulta a rischio di povertà lavorativa il 10,3% degli occupati tra i 18 e i 64 anni, in crescita rispetto al 9,9% del 2023.