Aggirare i referendum con cui gli italiani hanno bocciato il nucleare. Colpire gli Ncc a vantaggio dei taxi. E studiare un nuovo piano per eludere la sentenza del Consiglio di Stato che obbliga a mettere le spiagge a gara. Ecco l’agenda del governo delle lobby.
Pichetto Fratin accelera sul nucleare. Ma annuncia una svolta sul nulla
Che queste destre al governo abbiano il pallino del nucleare lo dimostra anche la gara che i ministri, esponenti dei partiti di maggioranza, fanno nell’elogiarne le virtù. Da Matteo Salvini (Lega) ad Adolfo Urso (FdI). Fino naturalmente al ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica di Forza Italia, Gilberto Pichetto Fratin. Entro questa legislatura, il governo Meloni vuole varare tutta la normativa necessaria per reintrodurre il nucleare in Italia. Questo perché i primi reattori a fissione di 4/a generazione, quelli su cui punta l’esecutivo, dovrebbero andare in produzione alla fine del decennio. E per quella data, il governo vuole avere pronto il quadro giuridico per installarli e farli funzionare, ha detto Pichetto in una intervista a Radio 24. Alla domanda del giornalista se entro la legislatura potrà essere cambiato il quadro legislativo sul nucleare, Pichetto ha risposto “Sì. Io ce la metto tutta. Questo è il mandato del governo e del Parlamento”. Il ministro ha spiegato più volte che non vuole tornare alle grandi centrali, come in Francia, ma puntare sugli “small modular reactors”, il nucleare di 4/a generazione.
Ma i tempi per avere i piccoli reattori modulari, ha spiegato il ministro, “sono 2, 3, 4 anni, il prodotto non c’è ancora. Si parla di avere le condizioni di produzione di questi piccoli reattori alla fine di questo decennio. Vuol dire che in questa legislatura dobbiamo avere tutto a posto” dal punto di vista giuridico. Pichetto il 27 aprile ha incaricato il giurista Giovanni Guzzetta di costituire un gruppo di lavoro per ridisegnare tutta la normativa sul nucleare in Italia, in vista del ritorno delle centrali atomiche.
La questione non è secondaria. Dopo l’abbandono del nucleare, nel nostro Paese non c’è più una disciplina sulle autorizzazioni degli impianti e sul loro funzionamento. Senza leggi e regolamenti, non si possono riaprire le centrali. Ma gli italiani hanno detto no al nucleare due volte, con i referendum del 1987 e del 2011. Il governo sostiene che questi no non sono più validi, perché si riferiscono alle grandi centrali di 3/a generazione, e non agli small modular reactors. Ma l’opposizione all’atomo resta forte nel Paese: l’opposizione di sinistra è contraria, e così gli ambientalisti, convinti che il nucleare sia inutile e costoso, e che occorra invece puntare sulle rinnovabili.
Difesa a oltranza dei balneari. In estate si rischia il caos
A un passo dall’inizio della stagione balneare ha fatto irruzione la sentenza del Consiglio di Stato che ha confermato la scadenza delle concessioni demaniali per le spiagge al 31 dicembre dello scorso anno, obbligando così le amministrazioni a disapplicare eventuali deroghe e si è richiamata “ai principi della Corte di Giustizia Ue” per dare “immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale”. Nella sentenza si sottolinea che la risorsa spiaggia “è scarsa”, al contrario di quanto sostenuto dal governo nella mappatura inviata a Bruxelles e portata a motivo della mancata applicazione della Bolkenstein. La tesi del governo è peraltro stata già confutata dalla Commissione europea. Ma le destre non vogliono sentir ragioni, temporeggiano e continuano a difendere le ragioni delle lobby degli ombrelloni nella speranza che l’Ue sia più indulgente, ma di fatto scontentano tutti gli attori in gara.
“Il governo sta lavorando per cercare una soluzione in dialogo con l’Unione europea. Non voglio commentare, lo hanno fatto molti parlamentari italiani, le decisioni del Consiglio di Stato, però bisogna trovare una soluzione, sia pure nel rispetto delle normative comunitarie, che non penalizzi migliaia di imprese che hanno già investito e che hanno dei mutui”, ha detto il vice premier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani. “Bisogna fare prevalere il buonsenso – ha aggiunto Tajani – e fare comprendere la specificità italiana alla Commissione europea: sette mila chilometri di costa che sono la frontiera meridionale dell’Ue”.
Rilancia il vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio: “È stata fatta una mappatura per dimostrare che le nostre coste non sono una risorsa scarsa e quindi la direttiva Bolkestein non va applicata alle concessioni Balneari. I giudici di Palazzo Spada invece la ignorano e dicono il contrario, non si sa sulla base di quali numeri”. Insistono i meloniani: “Stiamo facendo quello che nessuno ha mai fatto, cioè una mappatura che ti dà l’idea che in Italia quella risorsa, la risorsa spiaggia, non è così scarsa come invece viene dipinta”, dichiara Salvatore Deidda di FdI. Non la pensano così i partiti dell’opposizione. “La tanto sventagliata mappatura del governo Meloni è del tutto fasulla. Per tenere vivo il fuorviante mantra delle ‘spiagge risorsa non scarsa’, si è finito sostanzialmente per ritenere assegnabile mediante concessione ogni metro di costa italiana. Incluse le aree portuali, il demanio militare, i chilometri di rocce a strapiombo sul mare, le aree protette e le aree da bonificare”, dichiara il vicepresidente del M5S, Mario Turco.
Fatto sta che la strategia del governo, ovvero prendere tempo con l’Europa e nello stesso tempo difendere le lobby degli ombrelloni, sta determinando una situazione di stallo inaccettabile. A spiegarlo è Legacoop Romagna. “Una gara per ogni spiaggia, con regole diverse per ogni Comune, è lo scenario da incubo che rischia di concretizzarsi se il Governo non si deciderà a mettere mano in modo urgente alla materia delle concessioni, con un atto politico che fornisca linee guida nazionali a tutto il settore”, ha spiegato. “Il massimo grado della magistratura amministrativa ha sancito che la risorsa spiaggia è scarsa, le gare vanno fatte, le deroghe sono nulle. Il re, in sostanza, è nudo”. E, in un simile quadro, “non è possibile scaricare sulle amministrazioni comunali l’onere di definire i bandi con le attuali norme e le attuali dotazioni. Il risultato sarebbero disparità inaccettabili da una località all’altra e carichi di lavoro insostenibili per gli enti locali. Il caos, in breve”.
Dai decreti di Salvini l’ennesimo regalo ai tassisti. I provvedimenti del vice premier scatenano la rivolta degli Ncc
La Lega, come si sa, ha il pallino non solo dei balneari ma anche quello dei tassisti. Ovvero ha a cuore la loro sorte e ne difende a spada tratta gli interessi a scapito delle categorie contigue, come quella degli Ncc. E anche questa volta il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché leader della Lega, Matteo Salvini, ci è ricascato. La bozza dei tre decreti che ha illustrato a una platea di oltre 60 associazioni di categoria il 3 aprile ha fatto andare su tutte le furie gli Ncc. “Se quei decreti non cambieranno li impugneremo”, dice a La Notizia Francesco Artusa, presidente di Sistema Trasporti, associazione per il trasporto privato di Ncc e bus turistici.
La verità è che Salvini è rimasto sordo perfino ai richiami della Consulta e del Tar Lazio. Che, con alcune recenti sentenze, hanno sostanzialmente confermato come la legge che regola taxi ed Ncc sembra fatta allo scopo di favorire i primi sulla pelle dei secondi. Tra le norme dei tre decreti in lavorazione, contestate dalle associazioni del settore, c’è la raccolta e la conservazione dei dati degli utenti del servizio Ncc, in palese violazione delle norme sulla privacy. Nel mirino c’è poi il “waiting time” tra due servizi portato a 30 minuti. Nel corso del question time al Senato del 18 aprile, Salvini ha detto che “i decreti non prevedono alcun lasso di tempo obbligato, alcuna pausa tra una corsa e l’altra per gli Ncc”, anzi “abbiamo cercato di favorire la continuità nello svolgimento del servizio evitando il ritorno in rimessa in tutti i casi in cui vi siano più servizi collegati”. “Il ministro mente sapendo di mentire”, replica Artusa. Che spiega: “I 30 minuti non sono obbligatori se uno rientra in rimessa. Per una sentenza della Consulta, però, è diritto degli Ncc accogliere nuove prenotazioni fuori dalla rimessa attraverso le nuove tecnologie. Dunque, ogni volta che un Ncc volesse inserire un servizio al posto di uno cancellato, o accettarne uno nuovo mentre è fuori dalla rimessa, questo cliente dovrà aspettare 30 minuti. È un fatto. Fingere che non esista a beneficio delle telecamere del Senato non cambierà lo stato delle cose”.
I decreti in questione, peraltro, vanno visti in combinato con il codice della strada che è in discussione e che contiene una norma, anche questa un unicum in tutta Europa. Vale a dire gli Ncc sono l’unica categoria che viene fermata da due a otto mesi per qualsiasi tipo di infrazione. Stessa sanzione che si applica all’abusivo totale. Non c’è dubbio che il combinato di tutte queste disposizioni ci dicono quanto Salvini e le destre, in generale, siano sdraiate sui tassisti ai danni dell’intera collettività che paga pegno, come le immagini delle lunghe code all’uscita dalle stazioni in attesa di un’auto bianca ci dicono.