di Stefano Sansonetti
Il salvataggio dell’Ilva passa anche all’interno dei tubi di un gasdotto. E questo fa capire perché il governo guidato da Matteo Renzi tenga così tanto a velocizzare la costruzione del Tap. Parliamo del Trans Adriatic Pipeline, il progetto di gasdotto che dal confine tra Turchia e Grecia dovrebbe portare il gas del Mar Caspio (in cui la fa da padrone l’Azerbaijan) fino alle coste del Salento. Nei giorni scorsi la società Tap ha bandito una gara per la “progettazione esecutiva, la fornitura di materiali e la costruzione di circa 760 chilometri di gasdotto on shore in Grecia e Albania”. In ballo c’è un’incredibile quantità di tubi d’acciaio che serviranno all’infrastruttura. E secondo quanto è in grado di ricostruire La Notizia, l’Ilva si appresta ad essere della partita.
IL QUADRO
Si dà infatti il caso che prima della predisposizione del bando la stessa società Tap, partecipata dagli inglesi di Bp (20%), dagli azeri di Socar (20%), dai norvegesi di Statoil (20%), dai belgi di Fluxys (19%), dagli spagnoli di Enagas (16%) e dagli svizzeri di Axpo (5%), abbia concluso una preselezione da cui è uscita una lista di una decina di operatori. I quali adesso si sfideranno per la commessa “madre” che, definiti i dettagli, potrebbe valere centinaia di milioni. All’interno della lista c’è sicuramente l’Ilva, l’acciaieria alle prese con un difficilissimo piano di risanamento a cui sta lavorando il commissario Piero Gnudi. Il gruppo, contattato da La Notizia, ammette che “Ilva sta concorrendo al progetto Tap”. Inoltre, la società “ritiene strategico il settore Oil & Gas e pertanto valuterà con grande attenzione tutti i progetti similari a Tap”. E’ la prima volta che si mette ufficialmente in collegamento l’operazione Ilva con il Tap. Con l’Ilva, nella lista dei pretendenti alle commesse del gasdotto, ci sarebbero anche i franco-indiani di Arcelor Mittal (che tra le altre cose producono tubi per pipelines). Nello stesso elenco invece non figura il gruppo Marcegaglia, che insieme ad ArcelorMittal è in corsa per il salvataggio dell’Ilva.
LA POSIZIONE
L’azienda dell’ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, leader nella trasformazione dell’acciaio, fa sapere che produce tubi ad alto contenuto tecnologico, non quelli adatti a un gasdotto. E che l’interesse per l’Ilva è dettato dalla volontà di non perdere il suo principale fornitore di acciaio. Fatto sta che se andasse in porto l’ingresso in Ilva, almeno indirettamente il gruppo Marcegaglia potrebbe beneficiare delle commesse date dal Tap all’acciaieria. In ogni caso si porrebbe una questione come minimo di opportunità per la Marcegaglia, presidente anche dell’Eni che sulla carta partecipa al progetto di gasdotto concorrente South Stream (con i russi di Gazprom). Certo, come rivelato da La Notizia, e come confermato ieri al Senato dall’ad Claudio Descalzi, l’Eni potrebbe valutare un’uscita dal gasdotto South Stream, la cui convenienza oggi è messa in discussione. A quel punto il Cane a sei zampe avrebbe l’alternativa pronta: entrare nel Tap. Ma la questione di opportunità in capo alla Marcegaglia resterebbe inalterata.
Twitter: @SSansonetti