Un flop il tax credit per il Sud. E Fitto scarica le colpe su Ruffini

Richiesti dalle imprese crediti per oltre 9 miliardi. Ma i fondi stanziati da Fitto sono totalmente insufficienti.

Un flop il tax credit per il Sud. E Fitto scarica le colpe su Ruffini

Ieri la Corte dei Conti, “colpevole” di certificare i ritardi del governo nell’attuazione del Pnrr, oggi l’Agenzia delle Entrate. Il governo Meloni non perde il vizio. È sempre alla ricerca, vedi il Superbonus, di un capro espiatorio per non dover riconoscere i suoi fallimenti. L’ultimo pasticcio è sulla Zes unica del Mezzogiorno, voluta dal ministro Raffaele Fitto. Il credito di imposta per la Zes ha fatto il pieno di domande. Ma di conseguenza la percentuale del contributo, a fronte delle poche risorse disponibili stanziate dal governo, come certificato dall’Agenzia delle Entrate, è risultata drasticamente ridotta.

L’arrampicata sugli specchi di Fitto sul tax credit per il Sud

Fitto, che ieri come richiesto dalle opposizioni ha tenuto un’informativa alla Camera, più che fare mea culpa per le poche risorse stanziate se la prende con l’Agenzia delle Entrate: “Il provvedimento è sbagliato”, accusa e rivendica “il successo della misura”.

Il provvedimento in questione è quello firmato il 22 luglio dal direttore dell’Agenzia Ernesto Maria Ruffini, che fissa al 17,66668% la percentuale del credito di imposta effettivamente fruibile dalle imprese interessate dalla nuova misura prevista dal decreto Sud.

Quella delle Entrate, però, non è una decisione arbitraria, ma un semplice automatismo frutto delle disposizioni previste dal decreto Sud del 2023 e da un decreto ministeriale dello stesso Fitto del 17 maggio 2024, in cui si stabilisce che la percentuale del credito d’imposta “è ottenuta rapportando il limite complessivo di spesa all’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti”.

Conteggiando sia quelli prenotati, sia quelli già eseguiti. Proprio per questo motivo la norma prevede un monitoraggio fino al 2025 e un eventuale innalzamento della percentuale, utilizzando le risorse prenotate non sfruttate.

I conti corretti di Ruffini

Intanto, allo stato attuale, visto che “l’ammontare complessivo dei crediti d’imposta richiesti in base alle comunicazioni validamente presentate dal 12 giugno al 12 luglio 2024 è risultato pari a 9,45 miliardi”, a fronte di 1,67 miliardi di “risorse disponibili, che costituiscono il limite di spesa”, il calcolo delle Entrate è presto fatto: 1.670.000.000/9.452.741.120”, si legge nel provvedimento, quindi poco più del 17% dell’importo del credito richiesto.

Secondo Fitto, a fronte di 9,4 miliardi di euro di richieste pervenute sul credito d’imposta, circa 240 milioni di euro si riferiscono ad interventi già realizzati e il resto, 9,2 miliardi, a investimenti non realizzati o non fatturati o non certificati. Dunque l’errore di Ruffini sarebbe stato quello di aver calcolato la percentuale su tutti gli investimenti. Laddove, “si tratta di entrare nel merito per capire quali di questi interventi, potendoli quantificare, sono riferiti alla possibilità di essere realizzati entro il termine del 15 di novembre”.

Dal momento che il credito di imposta opera dal primo gennaio al 15 di novembre. “Non è colpa dell’Agenzia se avevate promesso il 60% di sgravi, ma avete messo risorse per arrivare a malapena al 10. Forse credeva di essere già dietro una scrivania a Bruxelles e invece è ancora qui. La Zes Unica – ha replicato il dem Claudio Stefanazzi a Fitto – è un esperimento fallito e gli unici a pagarne le conseguenze, sono le imprese, l’economia, i lavoratori meridionali’’.