Un emendamento al ddl appalti scatena la guerra dei call center. E Confindustria si spacca come una mela

di Stefano Sansonetti

In Confindustria stanno volando gli stracci. Il tema è quello degli appalti nel delicato settore dei call center, mai come in questo periodo al centro delle polemiche. A stupire, però, è il modo in cui l’associazione di viale dell’Astronomia, guidata da Giorgio Squinzi, si sta dividendo su una questione che in teoria dovrebbe vederla compatta. In teoria, perché nella sostanza prospettive di business e spinte lobbistiche stanno spaccando la confederazione degli industriali come una mela. Il pomo della discordia è il disegno di legge sugli appalti all’esame della Camera. Giorni fa in Commissione ambiente è stato approvato un emendamento che lancia la cosiddetta “clausola sociale” nel settore dei call center. Che vuol dire?

IL PUNTO
In pratica l’impresa che vince l’appalto è tenuta a mantenere il rapporto di lavoro con i dipendenti dell’impresa uscente. L’emendamento, sostenuto dalla maggioranza e dal sottosegretario al lavoro Teresa Bellanova (Pd), è dettato dall’esigenza di evitare che l’impresa uscente si trovi in difficoltà e metta i dipendenti in cassa integrazione. Una “clausola sociale” che già esiste in altri settori ed è praticata in diversi paesi Ue. E qui arriviamo allo scontro in Confindustria. Da una parte c’è Assocontact, l’associazione nazionale dei contact center in outsourcing, favorevole all’emendamento; dall’altra c’è Asstel, che riunisce soprattutto gli operatori telefonici, che invece è fermamente contraria e si sta battendo per far naufragare la correzione in aula. Ora, la curiosità è che Assocontact e Asstel sono entrambe associazioni di Confindustria. Di più, perché fanno entrambe parte di Confindustria digitale. Naturalmente, come in ogni battaglia normativa che si rispetti, a opporsi sono le lobby. In Asstel sono riuniti colossi come Telecom, Fastweb, H3g, Wind e colossi dei call center come Almaviva e Abramo. I big della telefonia sono presenti perché hanno vaste strutture interne che si occupano di servizi di contact center.

LE PARTI
In Assocontact, invece, ci sono operatori che offrono il servizio in outsourcing. Ma ciò non vuol dire che non ci siano aziende grandi come Transcom, Visiant e Teleperfomance. E c’è pure la Bassilichi di Monteriggioni (Si), azienda toscana che in passato ha finanziato la “renziana” fondazione Open. Per Asstel la clausola sociale ingessa il mercato impedendo la concorrenza. Per Assocontact invece protegge i lavoratori ed evita fenomeno di dumping. La realtà è che in ballo c’è un settore da 1,5 miliardi di euro, per lo più caratterizzato da servizi per la telefonia. Un settore che, tra l’altro, spesso è inquinato dalla delocalizzazione. Ma la battaglia è solo all’inizio.

Twitter: @SSansonetti