Di Carola Olmi
A questo punto la domanda è d’obbligo: ma vale la pena di continuare a fare tanti sacrifici se poi invece di diminuire il nostro debito continua a crescere? Sembra incredibile, ma questo è quello che accade con i conti pubblici italiani. Il debito delle nostre amministrazioni a giugno è salito infatti di 2 miliardi di euro, raggiungendo un nuovo massimo storico a 2.168,4 miliardi. A comunicarlo è stata ieri Bankitalia, accelerando la visita che Matteo Renzi è corso a fare martedì scorso direttamente nella casa estiva del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi. La situazione è serissima. Mentre lo stesso Draghi è già arrivato a un passo dal commissariare l’Italia, chiedendo addirittura la cessione di sovranità nazionale all’Europa per fare in fretta le riforme, i conti di via Nazionale hanno svelato che nei primi sei mesi il debito pubblico è aumentato di 99,1 miliardi, riflettendo il fabbisogno della Pubblica amministrazione (36,2 miliardi) e l’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (67,6 miliardi). ed è andata meglio del previsto, perchè l’emissione di titoli sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro e la rivalutazione dei Btpi hanno contenuto l’aumento per 4,8 miliardi.
Enti locali virtuosi
Chi è allora che sta spendendo? Il debito delle amministrazioni centrali è aumentato di 5,6 miliardi mentre quello delle locali è diminuito di 3,6 miliardi; il debito degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato. Dunque è lo Stato a livello centrale che continua a pesare sui conti. Parallelamente, ad allargare il buco concorre il calo del gettito fiscale dovuto essenzialmente alla crisi.Le entrate tributarie a giugno sono state pari a 42,7 miliardi, in diminuzione del 7,7% (3,5 miliardi) rispetto allo stesso mese del 2013. E nei primi sei mesi dell’anno complessivamente le entrate sono diminuite dello 0,7% (1,3 miliardi).
La Troika si avvicina
Numeri che fanno a pugni con la spavalderia con cui Renzi ha replicato sulla stampa estera all’avvertimento di Draghi. Un cartellino giallo al quale può seguire solo quello rosso, con uno scenario variabile ma pur sempre terribile per l’Italia: dall’invio di una nuova lettera di raccomandazione – nello stile di quella che affondò nell’estate 2011 il governo di Silvio Berlusconi – sino all’estrema ratio dell’arrivo della Troika (Fondo monetario, banca centrale europea e Commissione di Bruxelles) a gestire i nostri conti. Inevitabile dunque parlarsi a quattr’occhi, possibilmente fuori dalle sedi istituzionali, per capire l’uno con l’altro, quali intenzioni ha la Bce e altrettanto quali intenzioni ha il nostro governo per tenere in sicurezza il bilancio dello Stato. Così è nato l’incontro che sarebbe dovuto restare segreto, a Città della Pieve, nella casa di campagna di Draghi. Di questo incontro, infatti, se non fosse stato svelato dal Corriere dell’Umbria, non sarebbe trapelato nulla. Come nulla è trapelato sui contenuti.
Nebbia sull’incontro
Si è trattato di un incontro di routine, ha minimizzato Renzi dopo la fuga di notizie. Uno dei tanti faccia a faccia, dunque, tra un premier e il capo della banca centrale. Versione buona giusto per gli allocchi, perchè quanto prospettato da Draghi dopo l’ultimo board della Bce a Francoforte è tutt’altro che di routine. Naturale che adesso dilaghino le più diverse ricostruzioni, anche perchè Renzi, interpellato anche ieri dai giornalisti durante la visita ai cantieri di Expo a Milano, ha tagliato corto preferendo fare pressoché scena muta. “Sì, ho incontrato Draghi, lo vedo spesso”, ha detto il premier. Insomma, niente di particolare. Un incontro di prassi. Risposta elusiva che non aiuta a far diradare la nebbia che resta attorno a questo incontro. Sullo sfondo resta così la possibile manovra correttiva d’autunno, che il capo dell’esecutivo e il Tesoro in pubblico continuano a negare. Chissà se Renzi ha detto la stessa cosa a Draghi.