La notizia è di quelle che lasciano di stucco: un rapporto internazionale afferma che l’Italia è il quarto Paese al mondo per efficienza della spesa sanitaria. Un giudizio distante anni luce dall’esperienza che si vive negli ospedali e in tutti quei contesti legati alla salute. Utilizzando fonti come l’Organizzazione mondiale della Sanità e il Fondo monetario, l’autorevole agenzia Bloomberg ci ha messi dopo Hong Kong, Singapore e Spagna, ma prima di tutti gli altri Stati del pianeta, asserendo che qui l’aspettativa di vita è maggiore se si paragona la spesa alla ricchezza nazionale. A questo sono seguite altre cifre e ragionamenti che evidentemente sfuggono a chi è costretto ad attendere anche un giorno intero prima di essere assistito in un pronto soccorso o deve aspettare anche anni per fare un esame specialistico. Report e fantasie che arrivano dall’estero a parte, qui è solo di due giorni fa la denuncia di oltre mille medici che mancano nei reparti di emergenza. In realtà nelle piante organiche delle regioni il buco è 2.500 posti, ma 1.500 professionisti sono inquadrati con contratti precari. L’affluenza, d’altra parte, è senza sosta e secondo la Società italiana della medicina di emergenza-urgenza (Simeu), ogni anno i medici di pronto soccorso degli ospedali pubblici nazionali effettuano 4 milioni e mezzo di visite in più rispetto agli standard nazionali. In altri termini, ogni medico dovrebbe eseguire ogni anno al massimo 3 mila visite, che invece sfiorano le 4 mila per ciascun professionista. La malasanità passa però anche dai tempi biblici di alcuni esami. In diverse regioni si può aspettare da sei mesi a un anno per una risonanza magnetica, un ecodoppler o una visita psichiatrica. Tempi che si accorciano fino anche a sparire se si provvede privatamente. Chi non ha problemi economici non si pone neppure il tema del costo dei farmaci, sul quale il ministro Giulia Grillo ha espresso seri dubbi sulla contrattazione fatta finora tra l’Aifa (l’Agenzia pubblica preposta) e l’industria farmaceutica. Per questo motivo è stato appena sostituito il direttore generale dell’ente, mentre il presidente ha usato un pretesto per togliere il disturbo da se. Tanto ci sarebbe da risparmiare, che sempre secondo il ministro con le risorse recuperate si potrebbe abbattere almeno in parte l’attuale superticket.
Ultimi in classifica – Sempre nello stesso ambito, una recentissima ricerca della Fondazione Gimbe certifica che siamo in coda nel mondo per l’utilizzo di farmaci equivalenti al posto di quelli “griffati” dai grandi produttori. C’è poi tutto il capitolo della malasanità, con i casi all’ordine del giorno sulle cronache dei giornali per presunti errori medici. Un fenomeno cresciuto a dismisura, e che ha creato un vasto mercato delle assicurazioni, anche per le condizioni di perenne emergenza in cui lavorano medici e paramedici. A proposito di questi ultimi, solo pochi giorni fa un sindacato degli infermieri ha denunciato le condizioni impossibili in cui opera questo tipo di personale, in fortissima carenza di organici, con quasi 53mila unità in meno rispetto alle piante organiche, e con stipendi da fame. Non proprio un gran risultato considerato quanto costa allo Stato e alle Regioni l’intera sanità pubblica. Un tesoro che la ministra per gli affari regionali Erika Stefani vuole tornare a decentrare. Forse a questa classifica che ci mette al quarto posto nel mondo per efficienza c’è chi non ci crede.
Bufale sul nostro benessere
Non dev’essere un caso che le più grandi bufale su internet ruotino intorno alla salute. Basti guardare alla voce vaccini. Il nostro benessere è al centro di tutto e per quanto si stia guardinghi sulla credibilità delle notizie fatte circolare in rete, alla fine ci si beve di tutto, non sempre accendendo per bene la spia del dubbio. Se però le notizie sulla salute provengono da fonti ufficiali, ecco che queste entrano trionfalmente nelle pagine dei giornali e in una generale accettazione, finendo raramente al setaccio persino di un banale ragionamento. Così ieri la notizia che l’Italia è quarta al mondo per efficienza della sua spesa sanitaria è balzata in cima a molti siti d’informazione, e oggi c’è da giurarci che leggeremo la stessa cosa su molti quotidiani.
Dati ufficiali? Sì, va be’ – Ma nell’esperienza generale, chi ha un ricordo di ospedali così accoglienti, di visite mediche all’istante e di esami specialistici in 24 ore? Per non parlare poi del costo dei farmaci, della pulizia e delle mille altre lacune del pianeta sanità. Dunque questa meravigliosa statistica imporrebbe un supplemento di indagine, anche per non far cadere chi la pubblica nel ridicolo. O peggio, nel grande club dei diffusori di fake news. Il report che ci riguarda ha una fonte autorevole, lo studio sulla Health care efficiency di Bloomberg, e si basa sui dati di istituzioni che con le loro statistiche governano il mondo: dal Fondo monetario internazionale (Fmi) all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Strutture costose e soprattutto burocratizzate, che assemblano solo dati ufficiali, con la stessa metodica con cui a ogni censimento Istat arriva nelle nostre case un modulo su cui si risponde a caso, a meno di non avere un familiare stretto che fa il professore a Harvard e che sia disposto ad aiutarci.
Interessi in gioco – Bloomberg, esattamente come altri istituti di ricerca anche qui in Italia, mette in fila i numeri e così tira fuori una classifica generale tanto perfetta da essere sbagliata. E questo non perché i numeri mentano, visto che in genere sono argomenti testardi, ma perché la forbice delle diseguaglianze si è così allargata nel mondo da rendere le cose molto diverse a seconda che di fronte a un problema ci sia un ricco o un povero, un abitante al Nord o al Sud, in città o in periferia, e così via. Le statistiche, si sa, vanno masticate come il pollo di Trilussa, che in media andava a un italiano a testa, mentre in realtà c’era qualcuno che ne mangiava due e qualcun altro che restava a bocca asciutta. Partorire dati come quello che ci mette sulla cima del pianeta per efficienza della spesa sanitaria, serve però a costruire i parametri con cui calcolare l’aspettativa di vita, e di qui una serie di costi: dalla sanità alle assicurazioni, fino alle pensioni. Così ora sappiamo che qui si vive meglio e di più. Un buon motivo per pagare meglio qualche servizio.