La funzione primaria del Ministero del Lavoro è – lo dice la parola stessa – quella di creare nuovi posti di lavoro. E la ministra Marina Elvira Calderone ci prova, in ogni modo possibile. A partire proprio dal suo ministero. Lo si evince da un emendamento (il 14.1) al Decreto Proroghe in discussione in questi giorni al Senato, che prevede di aumentare di 400mila euro l’appannaggio del Ministero per assumere consulenti e collaboratori nel gabinetto della Calderone, in deroga ai tetti di spesa vigenti. Soldi, si legge nel testo, necessari per ingaggiare almeno venti persone.
L’esercito ministeriale di Calderone
“Il limite di spesa per il conferimento di incarichi di collaborazione stipulati ai sensi dell’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del presidente della Repubblica 3 giugno 2003, n.227, è incrementato di 150.000 euro per l’anno 2023 e di 250.000 euro anni a decorrere dall’anno 2024”, recita il testo. Che aggiunge: “Nel rispetto del limite di spesa complessivo di cui al primo periodo può procedersi al conferimento dei relativi incarichi anche in deroga al limite percentuale e numerico previsto dalle vigenti disposizioni”.
A presentare l’emendamento la senatrice meloniana Paola Mancini, che quando non fa politica, esercita l’attività di consulente del lavoro. È cioè una collega proprio della ministra Calderone, la quale per un ventennio ha presieduto il Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro. Ma, si dirà, se il ministero del Lavoro necessita di venti consulenti, significa che è sotto organico e che ne ha bisogno! Sicuramente sarà così.
Tuttavia consultando la “sezione trasparenza” del ministero (alla quale si accede con una certa difficoltà, visto che si è spesso indirizzati su pagine vecchie, risalenti al governo Conte 2), alla voce “Titolari di incarichi di collaborazione e consulenza”, si scopre che il ministero già oggi annovera 44 consulenti, per compensi complessivi pari a 935.373,75 euro.
A questa cifra, però, vanno sommati gli emolumenti di quanti lavorano dalla nascita del governo Meloni negli uffici “di diretta collaborazione del ministro”, cioè i più stretti collaboratori di Calderone, spesso provenienti dall’Ordine dei consulenti del lavoro e quelli chiamati da altre amministrazioni. E qui i numeri si impennano: per esempio, il capo dell’ufficio stampa del ministro, Ignazio Marino, percepisce 130mila euro annui.
L’avvocato Pasquale Staropoli, Responsabile della segreteria tecnica del ministro, ne porta a casa 146.070,88; Michele Cecchi, Consigliere diplomatico del ministro, 41.742,77; la Responsabile del centro di costo del ministero, Franca Maria Polsinelli, guadagna 45.260,77 euro di stipendio tabellare lordo, cui si sommano 12.565,11 euro di retribuzione di posizione parte fissa annua lorda, cui si aggiungono 25.060,44 euro di parte variabile e ulteriori 10.961,25 euro di Retribuzione di risultato.
E ancora: il capo di gabinetto del ministro, Mauro Nori, già dg dell’Inps, ha una retribuzione di “soli” 46.726,09 euro, che però si aggiunge a quelle ricevute per l’attività svolta come segretario generale del Cnel e presso l’Associazione dirigenti delle pubbliche amministrazioni (Agdp).
Chi invece ancora non sa quanto guadagna è Vincenzo Coppola, segretario particolare del ministro dal 1° giugno 2023, i cui “compensi sono in via di definizione”, si legge sul sito. Sa invece quando prende il Capo della segreteria del ministro, Sara Bardeggia, in carica dal 24 ottobre 2022, che guadagna 58.630,38 euro. Insomma, a una prima lettura della dotazione organica della Calderone, non si ha proprio l’idea di un ministero “sguarnito”.
Nomine ingombranti
Inoltre, lo stesso ministero è stato ultimamente messo in forte imbarazzo per il coinvolgimento in indagini penali di persone assai vicine al ministro, consulenti e richiamati. Anzi, persone scelte proprio da Calderone e tutte rimaste al loro posto, nonostante l’azione penale.
L’ultima, in ordine di tempo, è l’inchiesta che riguarda il segretario generale del ministero del Lavoro, Concetta Ferrari (all’epoca dei fatti direttrice generale per le politiche previdenziali), nominata da Calderone l’8 novembre 2022, che è indagata dalla procura di Napoli insieme con l’imprenditore Danilo Iervolino, ex proprietario dell’università telematica Pegaso e presidente della Salernitana, il segretario generale del sindacato Cisal, Francesco Cavallaro, e l’ex vice-capo di Gabinetto del ministro del Lavoro, Fabio D’Andrea.
Ai loro danni la procura contesta presunte corruzioni commesse per ottenere il parere favorevole, già negato dal ministero, alla divisione del patronato Encal-Inpal in Encal-Cisal e Inpal, conservandone però i vantaggi economici e patrimoniali. L’udienza preliminare è fissata per il 24 novembre. Altro nome che ha messo in forte imbarazzo Calderone è quello del manager sardo Massimo Temussi che Calderone ha prima nominato suo consulente personale (il 19 gennaio 2023), con un compenso annuo di 146.070 euro, e poi, nel marzo successivo, ha designato a presidente di Anpal Servizi, società in house controllata da Anpal, con uno stipendio di 184.000 euro l’anno.
Il problema è che Temussi è oggi pluri-indagato: il Pm cagliaritano Andrea Vacca ne ha infatti chiesto il rinvio a giudizio, insieme al presidente sardo, Christian Solinas, per un’inchiesta su alcune nomine fatte in Regione. Le accuse vanno a vario titolo dalla corruzione, all’abuso d’ufficio, passando per il falso e l’induzione indebita.
Il manager è inoltre indagato dalla Dda sempre di Cagliari per la prima maxi-inchiesta sulla mafia in Sardegna. A inguaiare Temussi, secondo degli inquirenti, i suoi legami con il medico Tomaso Gerolamo Cocco, ritenuto uno dei cervelli dell’organizzazione malavitosa, al quale avrebbe fatto avere una promozione e una struttura sanitaria tutta sua. Anche qui, i reati ipotizzati sono di abuso d’ufficio e rivelazione di segreti d’ufficio.