Il calcio europeo è testimone di una svolta epocale, grazie alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Cgue) che potrebbe ridefinire il futuro di questo sport. Questa decisione rivoluzionaria ribalta le sanzioni messe in atto da Uefa e Fifa nei confronti dei club “separatisti”, in particolare Juventus, Barcellona e Real Madrid, riabilitando così il progetto “Superlega” e aprendo nuove prospettive.
Cade il monopolio mondiale sul calcio. E si parla di nuovi equilibri geopolitici
La pronuncia della Corte rappresenta una vera e propria pietra miliare, affermando che le regole di Fifa e Uefa, sull’approvazione preventiva delle competizioni calcistiche tra club, come, appunto, Superlega, sono contrarie al diritto dell’Unione Europea. La sentenza sottolinea anche la mancanza di trasparenza, obiettività, e proporzionalità nelle normative delle federazioni esistenti. Sebbene non si pronunci direttamente sulla Superlega, la Corte solleva importanti interrogativi sulla legittimità delle regole di Fifa e Uefa.
Possiamo affermare di essere stati tra i primi in Italia, a discutere della questione Superlega in tempi non sospetti nei libri Calcio & Geopolitica e, Calcio, politica e potere. Nel luglio 2022, insieme ad altri accademici ed esperti del settore, abbiamo firmato una lettera aperta su diverse testate europee come Le Soir e El Paìs, sollevando, appunto, interrogativi sul monopolio di Uefa e Fifa sulle competizioni internazionali e mettendo al centro l’urgenza di una riforma continentale, che potesse contemplare la possibilità di una Lega Pan-europe, come unica possibile alternativa alla decrescita infelice che sta vivendo il calcio nel Vecchio continente.
Quando la sera del 19 aprile del 2021, 12 club europei annunciavano la nascita della Super League, si creò un ampio fronte contro questo progetto. Uefa e Fifa, ovviamente, in primis. Anche il Regno Unito, a difesa della Premier League. Ma in Europa, tranne che in Spagna, il sentiment dei governi era negativo. Anche Conte, allora Presidente del Consiglio, attaccò il progetto, come se si fosse trattato di una trasposizione della casta sul piano calcistico: la Lega dei ricchi. La nuova competizione continentale era creata a margine della Uefa e si sarebbe giocata durante la settimana per permettere a tutti i club di continuare a competere nei rispettivi campionati nazionali, preservando così il tradizionale calendario delle partite di ogni lega nazionale che rimaneva, secondo il comunicato stampa, “il cuore pulsante dei club”.
La nota stampa parlava di un campionato con 15 club fondatori, come membri permanenti, più 5 squadre ospiti qualificate ogni anno in base ai risultati della stagione precedente. La competizione sarebbe stata governata dai suoi club fondatori tramite un’impresa commerciale, la European Super League Company, S.L., con sede a Madrid, creata ad hoc per gestire la competizione. Il garante finanziario del progetto sarebbe stata la banca americana JP Morgan, con un budget iniziale di circa 5 miliardi di dollari.
Quelli italiano francese e tedesco sono i tre principali campionati comunitari. Ma valgono meno della sola Nfl Usa
In realtà, quel progetto, sicuramente perfettibile, proponeva una riorganizzazione del business a livello europeo e offriva ed offre alla Ue un’occasione geopolitica per proiettarsi attraverso il soft power calcistico. Il calcio, infatti, con un contributo di 47-50 miliardi di euro all’economia dell’Ue, rappresenta circa il 25% dell’intero valore dell’industria del tempo libero nei Paesi dell’Unione. Generando direttamente e indirettamente 700mila posti di lavoro e contribuendo annualmente con 14-18 miliardi di euro in tasse, il pallone è un vero motore di benessere e di interesse a livello continentale. È il punto focale in termini di pubblico e attività sui social media, dimostrando la sua posizione di rilievo nel panorama sportivo europeo.
Eppure, il calcio italiano, francese, spagnolo e tedesco – i campionati principali continentali -, hanno un giro d’affari inferiore alla Nfl, la lega di football americano. Mentre il calcio è uno sport globale, solo il football americano, con un modello organizzativo in mano ai club, macina di più. A dimostrazione che il nostro modello non ci consente di trarre il massimo da questo sport. D’altronde, è opportuno ricordare che la Premier League è diventata la prima lega al mondo, quando i club inglesi avviarono una vera e propria secessione della federazione calcistica inglese, riorganizzando il calcio attraverso la forza economica e di penetrazione culturale all’estero della televisione, e grazie alla costruzione di stadi di proprietà dei club, con la funzione di essere attrattori moltiplicatori dei brand.
L’Europa, dunque, dovrebbe utilizzare “lo sport più bello del mondo” scientemente, come strumento di soft power, come stanno facendo gli altri. Il calcio può essere un simbolo di identità europea, promuovendo valori positivi come fair play, lotta al razzismo, uguaglianza e rispetto, sia all’interno che al di là dei confini dell’Europa. Il Regno Unito e la Premier League, d’altronde, hanno avuto ben chiara l’importanza del calcio come strumento geopolitico, schierandosi da subito contro il progetto European Super League e mostrando chiaramente l’interesse nei confronti di una Brexit calcistica (oltre che politica).
La sentenza della Corte, dunque, offre un’opportunità unica per riformare le normative sportive europee, rappresentando un punto di svolta per miliardi di appassionati di calcio in tutto il mondo. L’utilizzo geopolitico del calcio da parte di tante potenze Usa, Cina, Paesi arabi -, rischia di rendere il calcio continentale sempre più marginale, mentre la Premier League gioca una partita a sé, a rappresentanza dell’Europa dal punto di vista solamente geografico. La Superlega non deve essere necessariamente un club esclusivo. Può invece e deve essere una leva geopolitica per l’Unione. A patto che tutti comprendiamo bene quali sono le trasformazioni in atto e qual è la posta in gioco.
di Valerio Mancini Narcis Pallares-Domenech e Alessio Postiglione. Autori di “Calcio & Geopolitica”