Approvato lo scostamento di bilancio, il governo si concentra sulla manovra. E, ancora una volta, i conti non tornano: le casse piangono e per fare il minimo sindacale in tema di pensioni bisognerà tagliare altrove. All’interno dello stesso capitolo previdenziale.
L’esecutivo non può permettersi di cancellare l’anticipo pensionistico (per quanto ridotto come quello della Quota 103) né l’Ape sociale o l’Opzione donna. Ma anche per queste misure servono soldi e per trovarli il governo sta pensando di andare a tagliare, ancora una volta, sulla rivalutazione delle pensioni indicizzate all’inflazione.
Secondo quanto riportano diversi giornali, è plausibile un ulteriore taglio alla rivalutazione degli assegni, nonostante intanto il governo stia cercando di anticipare al 2023 il conguaglio per l’indicizzazione relativa al 2023.
Verso la conferma per la Quota 103
Sembra probabile una conferma per la Quota 103, ovvero l’uscita anticipata per chi ha almeno 62 anni di età e 41 di contributi versati. Quasi impossibile che si vada oltre, per esempio con la Quota 41 tanto cara a Salvini che non ci sarà. Ci si dovrà accontentare della Quota 103, che nell’anno in corso si è però rivelata fallimentare.
Dovrebbe esserci anche il rafforzamento dell’Ape sociale, così come si potrebbe eliminare qualche restrizione per l’Opzione donna: le limitazioni introdotte per il 2023 hanno mostrato il fallimento della misura e bisogna in qualche modo intervenire. Per fare tutte queste cose, però, è necessario trovare un miliardo aggiuntivo. Da dove prenderlo?
Pensioni, possibile un ulteriore taglio alla rivalutazione
Per trovare queste risorse l’ipotesi più probabile, a oggi, è quella di ritoccare l’indicizzazione degli assegni. Che già lo scorso anno è stata rivista per quelli superiori a quattro volte il minimo. Si trattava di una riduzione importante, per quanto graduale: più guadagni e più alto è il taglio.
L’ipotesi sul tavolo in queste ore, però, è persino peggiore: il governo potrebbe tagliare ulteriormente gli assegni, con una riduzione maggiore rispetto a quella già messa in campo per l’anno in corso. Insomma, a pagare sono ancora una volta i pensionati.