Sin dalla fine del Governo gialloverde Matteo Salvini in più circostanze ha tenuto a precisare che in tanti, tra le forze dell’ordine, continuano a considerarlo il vero “ministro dell’Interno”. Ecco, sarebbe curioso capire che ne pensino i tanti aspiranti allievi agenti della Polizia di Stato (oltre 400) che, a causa di un pasticcio legislativo, si ritrovano loro malgrado esclusi dai corsi di formazione. Un’esclusione inaspettata e sconcertante considerando che neanche una sentenza del Tar – che li aveva per l’appunto riammessi – è servita a nulla. E da qui la decisione dei tanti aspiranti agenti che hanno scritto direttamente al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, affinché si riesca a metter fine a quello che somiglia a un girone dantesco.
L’EMENDAMENTO IMPREVISTO. Per capire di cosa parliamo, però, bisogna fare un bel balzo all’indietro. È il 26 maggio 2017 quando in Gazzetta viene pubblicato il concorso per reclutare 1.148 allievi agenti della Polizia. Tra i vari requisiti specificati all’articolo 4 del concorso: la licenza media e l’avere tra i 18 e i 30 anni. Tutto sembrava andare per il meglio, dunque, tanto che a maggio 2018 gli idonei hanno iniziato la fase di formazione presso gli istituti della Polizia, dopo la prima prova scritta e una seconda prova sulla base degli accertamenti fisici, psichici e attitudinali.
In base a tali prove sono state stilate le graduatorie degli idonei. Ma è qui che accade quello che, probabilmente, nessuno si sarebbe aspettato. Nel mese di gennaio 2019, viene presentato e approvato un emendamento al Dl Semplificazione che cambia, a due anni dal concorso, i requisiti per lo scorrimento delle graduatorie. E qui la domanda: chi ha presentato l’emendamento? Sei senatori leghisti, lo stesso partito dell’ex ministro sempre pronto a indossare la divisa della Polizia. Nel dettaglio l’emendamento ha di fatto escluso chi alla data del primo gennaio 2019 ha compiuto 26 anni e chi non è in possesso di diploma di scuola superiore.
CAOS TOTALE. L’emendamento ha di fatto escluso circa 3mila ragazzi. Ed è qui che matura la decisione di fare ricorso al Tar del Lazio che, come specificato nella lettera inviata al premier e che La Notizia ha potuto visionare, in prima istanza “ci ha concesso la sospensione del giudizio consentendoci, in qualità di ricorrenti, di poter ultimare l’iter concorsuale e ritenendo pregiudizievole tale operato da parte dell’Amministrazione”. Ma la saga non ha fine. E così nella graduatoria finale pubblicata il 13 agosto in tanti aspettavano di essere inseriti ed entrare nella Scuola di Polizia. E invece i 455 che pure avevano superato tutte le prove ma che non rientravano nel regolamento modificato sono rimasti esclusi. Risultato? Il 29 agosto è cominciato il corso di formazione senza di loro, nonostante “con decreto monocratico del Presidente del Tar del Lazio ci sia stato riconosciuto il nostro diritto di essere avviati al corso di formazione”.
Il timore, a questo punto, è che la matassa possa essere sbrogliata solo quando ci sarà la trattazione di merito del ricorso, prevista però solo il 3 aprile 2020. Da qui la decisione di scrivere a Conte. E ora la palla passa proprio al nuovo esecutivo. “Al Presidente Giuseppe Conte e al ministro Luciana Lamorgese – spiega a La Notizia uno degli aspiranti agenti, Pierluigi Rossi – chiediamo di sciogliere la riserva nei nostri confronti e avviarci al corso di formazione. Chiediamo solo giustizia e valore al nostro impegno e ai nostri sacrifici”.