Il tempo per trovare un accordo che eviti il ritorno ai combattimenti nella Striscia di Gaza sta per scadere. Ne sono ben consapevoli i mediatori del Qatar, che insieme ai colleghi di Egitto e Stati Uniti stanno facendo il possibile per scongiurare una ripresa delle ostilità, definita “catastrofica”.
Proprio per questo, in accordo con l’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff, i negoziatori, secondo quanto riportato dal notiziario di Channel 12, stanno facendo pressione su Hamas affinché accetti le rigide condizioni imposte dal primo ministro Benjamin Netanyahu, sottolineando che “questa è la vostra ultima possibilità di impedire che Israele ricominci la guerra a Gaza”.
Si tratta di un vero e proprio ultimatum, con cui i mediatori chiedono al movimento palestinese di accettare la proposta di Tel Aviv, che prevede il rilascio di altri 10 ostaggi israeliani in cambio di una tregua di 60 giorni, senza però alcun ritiro dell’esercito israeliano (IDF) né garanzie sulla stabilizzazione del cessate il fuoco in una pace definitiva.
Netanyahu mette Hamas con le spalle al muro
Con queste condizioni, Netanyahu intende mettere Hamas con le spalle al muro. Il gruppo, infatti, ha sempre chiesto come requisito imprescindibile la prosecuzione del cessate il fuoco e l’attuazione della seconda fase dell’accordo sancito a gennaio. Tale fase, secondo i piani iniziali, avrebbe dovuto portare: alla liberazione di tutti gli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi, al ritiro dell’IDF dalla Striscia, a una tregua permanente.
Difficile prevedere l’esito di questo nuovo round negoziale. Tuttavia, secondo le ultime indiscrezioni dei media locali, Hamas potrebbe accettare un prolungamento del cessate il fuoco, rinunciando alla seconda fase dell’accordo in cambio del rilascio di prigionieri di alto profilo detenuti da Israele.
Quel che è certo è che, in attesa di sviluppi concreti, Hamas continua pubblicamente ad attaccare Netanyahu. Secondo il portavoce del gruppo, Abdel Latif al-Qanoua, Israele “rinnega l’accordo di cessate il fuoco”, andando contro “la volontà internazionale e gli sforzi di tutti i mediatori per consolidare l’accordo e porre fine alla guerra”. Per questo, auspica “progressi nei negoziati di Doha per procedere verso l’attuazione della seconda fase”.
“Hamas ha dimostrato flessibilità e si è impegnato positivamente nelle varie fasi negoziali”, ha aggiunto al-Qanoua, “e continuerà a farlo per costringere l’occupazione a rispettare l’accordo e accogliere le richieste del nostro popolo”.
Senza pietà: la situazione umanitaria a Gaza precipita
Nel frattempo, la crisi nella Striscia di Gaza si aggrava. Oltre ai raid dell’IDF, che secondo Al Jazeera nelle ultime 24 ore hanno causato almeno otto vittime palestinesi (sei delle quali uccise in un attacco con droni nei pressi del corridoio Netzarim, a sud-est di Gaza), altre due persone sono state colpite rispettivamente a ash-Shakka, a est di Rafah, e a Deir el-Balah, nella zona centrale della Striscia.
Ma a destare maggiore preoccupazione è lo stop agli aiuti umanitari e alla corrente elettrica, imposto da Israele agli abitanti di Gaza.
Contro questa decisione si è duramente scagliata Medici Senza Frontiere (MSF), che ha condannato “con fermezza l’assedio imposto da Israele alla Striscia di Gaza, che sta privando la popolazione dei servizi di base e delle forniture essenziali, compreso l’accesso all’acqua, con il taglio dell’elettricità dallo scorso 9 marzo”.
Secondo MSF, “le autorità israeliane usano i bisogni umanitari come merce di scambio, tagliando la fornitura di elettricità e impedendo l’ingresso di tutti gli aiuti”, una politica che l’organizzazione definisce una “punizione collettiva” e che chiede di interrompere immediatamente.
Per questo, MSF ha esortato Israele a rispettare il diritto internazionale umanitario, a farsi carico delle proprie responsabilità come potenza occupante e a porre fine al blocco della Striscia. Le autorità israeliane, al momento, hanno evitato di commentare.