La Consulta rinvia la palla al Senato. E ora è Palazzo Madama, che sperava proprio nella Corte costituzionale, a dover scrivere la parola fine sulla pratica dei vitalizi. La ragione? Si tratta di argomenti che non possono essere sindacati dalla Consulta.
Il presidente del Senato La Russa tarda a nominare i giudici che dovranno decidere sui vitalizi
La rideterminazione dei vitalizi, insomma il taglio retroattivo anche per chi lo aveva maturato nell’era pre-riforma (prima del 2012), è stata disposta con un regolamento interno al Senato e, poiché questo non rientra tra gli atti con forza di legge, non può essere sottoposto a un giudizio da parte dei giudici costituzionali. A dover decidere sono direttamente gli organi di autodichia di Palazzo Madama.
La vicenda è lunga e si protrae ormai da quasi 5 anni. Dopo il taglio ai vitalizi voluto per primo dall’allora presidente della Camera Roberto Fico e adottato (anche se in ritardo) pure al Senato, allora guidato dall’ex presidente Elisabetta Casellati, c’è stato chi ha storto il muso. E cioè 771 ex senatori che hanno prontamente impugnato quella delibera e ne hanno ottenuto l’annullamento dalla Commissione contenziosa, presieduta al tempo dall’azzurro Giacomo Caliendo.
Il Consiglio di Garanzia è guidato dal non rieletto Vitali percettore dell’assegno
A fare ricorso è quindi stata l’Amministrazione di Palazzo Madama e nel dicembre 2021 è arrivata la sentenza del Consiglio di Garanzia, presieduto da Luigi Vitali, anche lui di Forza Italia, che sebbene cassando l’algoritmo utilizzato per il ricalcolo degli assegni, si è alla fine aggrappato alla Consulta. Sul punto bisogna però fare alcune precisazioni. La sentenza del Consiglio di Garanzia è entrata nel merito dichiarando illegittima la parte della delibera dell’ufficio di presidenza che ha preso come età di riferimento per il calcolo del montante l’età del senatore al momento della percezione del vitalizio anziché quella successiva alla delibera stessa.
Una scelta di fatto che già porta a ritoccare al rialzo i vitalizi senza incidere più di tanto sui tagli disposti, di cui la commissione contenziosa aveva fatto tabula rasa. Allo stesso tempo, però, il Consiglio ha sollevato delle eccezioni di incostituzionalità soprattutto nella parte relativa ai tagli relativi agli ex parlamentari, scaricando la patata bollente nelle mani della Consulta. Che tuttavia ora ha rispedito la palla al Senato.
Il 13 dicembre il Consiglio di Garanzia dovrà pronunciarsi sulla restituzione degli arretrati
E ora? Ed è proprio questo il punto. Il 13 dicembre il Consiglio di Garanzia dovrà pronunciarsi sulla restituzione degli arretrati a chi aveva a suo tempo presentato ricorso. Il problema, però, è che il presidente del Senato Ignazio La Russa ancora non ha provveduto a nominare gli organi giurisdizionali interni a Palazzo Madama. E prassi vuole che, in un momento di “vacatio”, restino in carica i “vecchi” senatori anche se non rieletti.
E dunque? A decidere saranno i membri del Consiglio di Garanzia della scorsa legislatura (sempre che La Russa non decida di procedere alle nomine prima del 13 dicembre). A presiedere il Consiglio sarà il forzista Luigi Vitali che nel frattempo non è stato rieletto. Una situazione paradossale: a decidere la questione in tema i vitalizi sarà un percettore di vitalizio maturato in forza dei 67 anni di età e delle 5 legislature alle spalle (4 alla Camera e una al Senato).
Non solo: Vitali è stato eletto la prima volta nel 1996, dunque ben prima del 2012, anno in cui si è passati dal regime retributivo al contributivo. Detta in altri termini, sebbene il 13 ci si pronuncerà solo in merito alla questione degli arretrati (che a lui comunquie non spettano), ragioni di opportunità consiglierebbero un epilogo diverso di una vicenda che negli ultimi 5 anni è stata segnata da polemiche e conflitti di interessi. Sempre che La Russa batta un colpo.