Ultima chiamata per l’Expo, Gualtieri e Rocca in missione per il ballottaggio

A due settimane dal verdetto sull'Expo 2030, sindaco di Roma e presidente della Regione Lazio a caccia degli ultimi voti in Africa.

Ultima chiamata per l’Expo, Gualtieri e Rocca in missione per il ballottaggio

La caccia all’ultimo voto è iniziata. Quando mancano solamente due settimane all’assegnazione dell’Expo 2030, Roma prova a giocarsi il tutto per tutto. Lo fa da mesi, ma è evidente che nelle ultime settimane le operazioni per raccattare quanti più voti possibile si sono intensificate. Lo dimostra la discesa in campo in prima persona del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. E in tempi più recenti lo dimostrano gli ultimi viaggi in Africa del sindaco della Capitale, Roberto Gualtieri, e del presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca. La speranza è di trovare sostegno, innanzitutto per impedire a Riyad – la principale avversaria di Roma – di vincere già al primo turno. La capitale dell’Arabia Saudita è in lizza insieme a Busan (Corea del Sud) per ospitare l’esposizione universale del 2030: si decide il 28 novembre, quando i 181 Paesi membri del Bie (Bureau International des expositiions) saranno chiamati al voto.

Viaggi della speranza per l’Expo

Fino a quel giorno nessun tentativo viene ritenuto vano e Roma sta provando con tutte le sue forze ad arrivare al ballottaggio per poi provare a trarre qualche vantaggio dal sistema di voto. Negli scorsi giorni il sindaco Gualtieri è stato in visita in tre Paesi del Golfo della Guinea con la sottosegretaria all’Economia, Sandra Savino. Non un viaggio casuale, tanto che dal Campidoglio viene fatto filtrare che almeno due su tre avrebbero garantito il loro sostegno a Roma per il voto sull’Expo.

Gualtieri, insieme alla rappresentante del governo, ha sottolineato la prospettiva di finanziare progetti di cooperazione in Africa, ribadendo che Roma può offrire una visibilità che nessun’altra candidata offre. Gualtieri potrebbe tornare nuovamente in Africa intorno al 20 novembre. Qualche giorno fa era toccato a Rocca, che può godere di buoni rapporti grazie al suo precedente ruolo al vertice della Croce Rossa internazionale. Relazioni che vuole far fruttare ora, tanto che di recente è stato in Etiopia per proporre delle collaborazioni e mettere a disposizione le competenze del Lazio per la ricostruzione di scuole e ospedali nel Tigray.

La partita del continente africano è fondamentale perché si ritiene che in quell’area possa pesare l’influenza saudita e si deve cercare di contrastarla ed evitare che Riyad ottenga tutti questi voti al primo turno. Bisogna conquistare quanti più alleati possibile per poter raggiungere il ballottaggio. Difatti la speranza di Roma è proprio quella di arrivare al secondo turno: per farlo bisogna evitare che Riyad ottenga la maggioranza dei due terzi (120 voti) al primo turno. Così facendo si andrebbe al ballottaggio tra le due città più votate e al secondo round la situazione potrebbe anche cambiare.

Il tutto per tutto

L’ultimo a fornire qualche cifra in sede ufficiale sui voti a disposizione è stato Giuseppe Scognamiglio, ministro e direttore generale del Comitato per l’Expo 2030: in quell’occasione aveva parlato di 90 voti certi per Riyad, 50 per Roma e 35 per Busan. A cui aggiungere tutti quelli ancora incerti. E, come al solito, è proprio sugli indecisi che sta puntando Roma (e anche le altre candidate) in questo sprint finale. L’Arabia Saudita ha investito molto più di chiunque altro, dal punto di vista finanziario, per ottenere voti.

La campagna elettorale di Riyad è stata faraonica, con diversi miliardi di euro investiti per aumentare i consensi. Tra i voti assicurati alla capitale saudita c’è anche quello della Francia. Ma fin qui parliamo solo di primo turno. Al ballottaggio tutti i voti assicurati a Riyad sono più a rischio e a quel punto l’Italia spera di recuperare almeno i voti di alleati storici come la stessa Parigi. Tutt’altro che semplice, ovviamente. In caso di secondo turno, Roma potrebbe poi sperare anche nei voti di chi al primo turno ha scelto Busan: sia perché esiste una sorta di accordo tra le due città, sia perché chi sceglie il voto per la Corea o per l’Italia invece che per l’Arabia lo fa anche per una questione che potremmo definire quasi culturale, di valori condivisi.

Un’altra variante è quella del conflitto in Medio Oriente: secondo alcuni osservatori può avvantaggiare Roma, considerando che l’instabilità attuale può pesare sulla decisione, per quanto riguardi un evento che avverrà tra sette anni. Riyad sta però provando a ribaltare la situazione, cercando di ottenere un ruolo nella stabilizzazione dell’area, provando a mediare tra Israele e Hamas. Infine, Roma ha un’altra speranza: il voto segreto. In tanti hanno assicurato il sostegno a Riyad, ma nel segreto dell’urna tutto può accadere. Non a caso proprio i sauditi avevano chiesto di rendere il voto palese, senza successo. In definitiva, la sfida parte in salita ed è quasi impossibile, ma Roma non si arrende e sta giocando tutte le carte che ha in mano per provare a rimontare uno svantaggio ampio, ma che in caso di ballottaggio potrebbe ridursi.