Tra gli esponenti Pd più vicini al segretario Enrico Letta viene spiegata la determinazione con cui i dem stanno cercando di raccogliere all’interno dello stesso recinto le esperienze progressiste, riformiste e liberali che sono “la radice stessa” del Partito democratico. L’Ulivo, appunto, con le esperienze civiche a cui avevano dato vita i comitati voluti da Romano Prodi e che nella versione 2.0 sono rappresentati dalle Agorà Democratiche nate su input di Letta.
La vittoria, tuttavia, non ha spianato la strada verso un campo largo di centrosinistra che “vada da Conte a Calenda” come auspicato dal segretario. Anzi, si sono manifestati immediatamente veti e controveti, con Carlo Calenda e Matteo Renzi a chiedere di tagliare i ponti con i Cinque Stelle e con Giuseppe Conte a cercare di tenere a bada chi, nel Movimento, non vuole sentire nemmeno pronunciare il nome del leader d’Italia Viva.
D’altronde Conte è stato chiaro su Renzi: “C’è anche il caso limite di chi, saltellando tra una comparsata tv e un rinascimento arabo, per chiedere l’abolizione di una misura contro la povertà non ha avuto il coraggio di presentarsi col suo simbolo, accontentandosi delle percentuali dei sondaggi, che stabilmente li accreditano un punto sopra lo zero”, ha detto.
Insomma, la partita resta aperta ma evidentemente bisognerà fare i conti proprio con questi partiti e “partitini” per avere i numeri per l’elezione del presidente della Repubblica ed eventualmente cambiare la legge elettorale.