di Valeria Di Corrado
La promozione è arrivata. L’Italia ha superato gli esami di riparazione. Il disavanzo eccessivo è stato corretto e la Commissione Europea ha revocato la procedura di infrazione aperta nei confronti del nostro Paese il 2 dicembre del 2009, quando il deficit toccò il picco del 5,5% del Pil, sforando il tetto del 3% fissato dai parametri di Maastricht. Cosa cambierà per il Belpaese? Poco o nulla. Cosa è cambiato sulla pelle degli italiani dal 2009 ad oggi? Tutto. “Il merito è dello sforzo sostenuto da tutti gli italiani – ha detto il premier Enrico Letta – che devono essere orgogliosi di questo risultato”. La caduta del Pil, la compressione dei consumi e la forte crescita della disoccupazione il vicepremier Angelino Alfano li definisce “effetti collaterali”. “Certo a pagare lo sterminio dell’aumento delle tasse siamo stati noi”, ironizza su Twitter Oscar Giannino. Ne è convinto anche il vicepresidente vicario del Parlamento europeo Gianni Pittella: “La decisione della Commissione non è la panacea di tutti i mali. Saremo infatti sempre sottoposti al vincolo del 3%, che ci impedisce di liberare risorse per ridare ossigeno alla nostra economia”.
Il provvedimento adottato ieri dalla Commissione Ue dovrà ora essere formalmente approvato dall’Ecofin e dal Consiglio europeo. Un risultato che si tramuterà in 12 miliardi di risorse per l’anno prossimo, da spendere in teoria per la ripresa economica. In teoria, perché in pratica il rischio è che il Governo delle larghe intese cerchi di accontentare i larghi interessi di partiti, lobby e via dicendo. Come per ogni alunno ripetente che si rispetti, dopo la promozione sono arrivate le raccomandazioni: bisogna riformare lavoro e giustizia civile, rendere più efficiente la pubblica amministrazione, combattere la corruzione e l’evasione fiscale, migliorare la competitività. Le solite insufficienze italiane. Fondamentale poi sarà tenere i conti pubblici in ordine. Nell’ipotesi di politiche invariate, le previsioni della Commissione indicano un disavanzo del 2,9% del Pil nel 2013 e del 2,5% nel 2014. È lo stesso presidente della Commissione Europea José Manuel Barroso a tenere alta la tensione: “A causa del debito molto elevato non possiamo dire che l’Italia deve rallentare gli sforzi, negli ultimi mesi ha perso quote di mercato e manca ancora di competitività”. A Barroso si sono aggiunte le raccomandazioni del vicepresidente Olli Rehn: “L’Italia ha margini di sicurezza molto piccoli per tenere il deficit sotto il 3% dopo le decisioni del nuovo governo sulla tassazione”. E qui il riferimento è all’Imu e agli arretrati della pubblica amministrazione. Insomma l’Italia resta sorvegliata speciale. Nel frattempo gli altri Paesi europei sotto infrazione sembrano non temere tanto i diktat di Bruxelles.