Che la situazione in Ucraina sia difficile, se non addirittura compromessa, lo indicano le continue ritirate dell’esercito di Kiev nella regione di Kharkiv e le dichiarazioni dei generali, che ripetono come sia a rischio la tenuta dell’intero fronte difensivo. Un’ipotesi che sembra essere stata indirettamente confermata dal presidente Volodymyr Zelensky, il quale, preoccupato per la situazione critica al fronte, ha annullato – in modo del tutto inatteso – la visita che avrebbe dovuto effettuare a Madrid venerdì prossimo per incontrare Felipe VI e il primo ministro Pedro Sánchez, al fine di firmare un accordo in materia di sicurezza.
I timori crescenti per la tenuta dell’esercito ucraino ormai non vengono nascosti neanche dagli Stati Uniti, con il portavoce del Pentagono che, senza mezzi termini, ha dichiarato che “la situazione sul campo di battaglia in questo momento in Ucraina è difficile”, con gli ucraini che “continuano ad adottare misure per difendere il proprio territorio” e gli Usa che promettono di fare “tutto il possibile per fornire loro le munizioni e i rifornimenti critici di cui hanno bisogno”.
Il problema, spiega il funzionario statunitense, è che a compromettere il conflitto è stata “la pausa nell’assistenza alla sicurezza di Kiev” che, da un lato, ha messo in difficoltà l’Ucraina, dall’altro è stata immediatamente “sfruttata da Mosca”, che ha iniziato a inanellare “continui progressi” che, “per quanto incrementali e lenti possano essere, sono certamente preoccupanti”.
Ucraina in crisi nera
Come è noto da tempo, la situazione più critica è quella che si registra nella regione di Kharkiv, dove l’esercito ucraino, per il terzo giorno consecutivo, è stato costretto a ritirarsi da alcune aree del fronte a causa della forte spinta dell’esercito di Vladimir Putin. “In alcune aree, vicino a Lukyantsi e Vovchansk, in risposta al fuoco nemico e a un assalto di fanteria, le nostre unità hanno manovrato in direzione di posizioni più favorevoli per salvare la vita dei nostri soldati ed evitare perdite”, ha dichiarato il capo di Stato Maggiore ucraino, Anatoliy Bargylevych, assicurando comunque che “la battaglia continua”.
Difficoltà per le quali Zelensky è corso ai ripari decidendo di inviare rinforzi nell’area per cercare di contenere l’offensiva russa, portata avanti da circa 30mila soldati. È difficile pensare che simili manovre, senza un flusso costante di forniture militari dall’Occidente, possano riuscire ad arrestare l’avanzata dello zar. Proprio per questo l’amministrazione di Joe Biden sta lavorando senza sosta per inviare un’altra batteria di missili Patriot in Ucraina e altri formidabili armamenti che, secondo gli Usa, possono ribaltare la situazione. Forniture militari che non sembrano scalfire la granitica convinzione del Cremlino di essere arrivati al punto di svolta del conflitto.
A dirlo chiaro e tondo è la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, secondo cui “nessun armamento potrà salvare il regime criminale di Zelensky dal collasso” e “tutto il materiale militare inviato dai Paesi occidentali all’Ucraina sarà distrutto, con il solo risultato di prolungare un’inutile agonia”.
L’Ucraina attende le armi americane
Insomma, Mosca sente la vittoria vicina e non sembra essere un caso che Putin, durante il suo viaggio in Cina per incontrare Xi Jinping, abbia aperto a una trattativa di pace. Infatti, lo zar ha dichiarato che la Russia “non si è mai rifiutata di negoziare. Stiamo cercando una soluzione globale, sostenibile e giusta di questo conflitto con mezzi pacifici. Siamo aperti al dialogo sull’Ucraina, ma tali negoziati devono tenere conto degli interessi di tutti i Paesi coinvolti nel conflitto, compreso il nostro”.
Un’apertura che, però, non convince il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che a Radio24 ha detto: “Mi pare il solito Putin, ma mai dire mai”. In ogni caso, conclude il vicepremier italiano, “deve esserci una possibilità per l’Ucraina di essere libera e indipendente. Noi siamo per perseguire la pace, ma una pace giusta”.