Tutti la vogliono (o quasi). Ma alla fine, per sapere che fine ha fatto la tanto agognata legge sui partiti, rischiamo di dover chiamare Chi l’ha visto? Provvedimento che torna d’attualità ogni qual volta c’è un caso che coinvolge il M5S. L’ultimo proprio tre giorni fa, quando a Genova il tribunale civile ha accolto il ricorso presentato da Marika Cassimatis, vincitrice delle ‘comunarie’ poi “scomunicata” da Beppe Grillo. Ma poi tutto finisce sempre in una bolla di sapone. Eppure quando l’8 giugno 2016 l’Aula di Montecitorio ha dato il via libera alla legge in prima lettura (relatore Matteo Richetti del Pd) tutti pensavano ad un’approvazione rapida anche da parte dell’altro ramo del Parlamento.
Andamento lento – Dal partito dell’allora segretario-premier Matteo Renzi arrivarono commenti tonitruanti. “Finalmente – dichiarò la vicepresidente della Camera Marina Sereni – una normativa che interviene per regolare la vita interna dei partiti, dando così piena attuazione all’articolo 49 della Carta costituzionale. Una legge non troppo invasiva, rispettosa dell’autonomia delle singole forze politiche, ma che al tempo stesso introduce regole molto importanti per garantire trasparenza e partecipazione democratica”. Tutto molto bello, almeno a parole. E invece? Il testo è arenato nelle secche della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. Dove, spiega a La Notizia un senatore di opposizione, non sono stati neppure fissati i termini per la presentazione degli emendamenti. Tradotto: è molto probabile che anche questo provvedimento rimarrà un’altra delle incompiute di questa legislatura. Insieme, tanto per dirne una, a quello sul conflitto d’interessi, bloccato sine die sempre in prima commissione al Senato.
Che pasticcio – “È una situazione grave”, dice senza mezzi termini il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, Andrea Mazziotti (Civici e Innovatori). “Se c’è una legge di cui si sta vedendo la necessità è proprio questa. Fra l’altro – aggiunge – il provvedimento lascia massima libertà ai partiti ma li incentiva ad adottare regole statutarie chiare, e non pasticciate o sparse in mille documenti come quelle del M5S. Che questa legge non sia andata avanti, lasciando la determinazione delle regole alla magistratura, com’è accaduto a Genova, è uno sbaglio della politica. Mi auguro che ci sia un’accelerazione e che si arrivi al traguardo”. La speranza, si sa, è l’ultima a morire.
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