di Stefano Sansonetti
Tra gli addetti ai lavori ormai la consapevolezza è piena. La Consip, la centrale acquiti controllata al 100% dal ministero dell’economia, ha assunto nel corso degli anni un potere enorme. Sì, perché gli appalti pubblici che presidia muovono risorse vicine ai 30 miliardi di euro. E non finsice qui, visto che gli ulteriori sviluppi della spending review, possibili in un periodo di perdurante crisi, potrebbero far salire questa cifra fino a circa 40-50 miliardi di euro. Cifre di assoluto rispetto, se si considera che in Italia la spesa per beni e servizi delle pubbliche amministrazioni ammonta a 130 miliardi di euro. Ed è proprio questa una delle fette dei costi dello stato su cui, dopo il governo di Mario Monti, anche l’esecutivo guidato da Enrico Letta ha intenzione di concentrarsi per recuperare risorse.
Ma in cosa consiste il potere della società pubblica guidata dall’amministratore delegato Domenico Casalino? Semplice: è dalle mani della Consip che passa la predisposizione e gestione di tutte quelle gare che permettono alla mastodontica pubblica amministrazione nostrana di rifornirsi di beni e servizi. E’ la società, in sostanza, ad avere il boccino. Ed è la società, anche tramite il meccanismo delle convenzioni, a individuare le aziende vincitrici dei vari bandi, quelle che poi stipuleranno con i singoli enti i vari contratti di fornitura. Naturalmente la Consip si muove su categorie merceologiche che sono fissate dalla legge. Però basta andare sul sito internet della società per vedere che si tratta di forniture della massima importanza: contact center, informatica, telefonia, energia elettrica, carburanti, macchinari per la sanità, macchine per ufficio e chi più ne ha più ne metta. Una serie sterminata di categorie che permottono alla Consip di inserirsi di fatto in alcuni “gangli” dello stato. E a nessuno sfugge quanto delicato e strategico sia il settore degli appalti pubblici, terreno che spesso è stato martoriato da vicende giudiziarie, anche in tempi recentissimi. E’ nella gestione degli appalti statali, infatti, che di frequente si annidano quegli sprechi e quelle ruberie che fanno dell’Italia un paese di corruzione dilagante: un costo di circa 60 miliardi di euro, come più volte è stato denunciato dalla Corte dei conti.
La Consip, allora, ha in mano la gestione di un campo da gioco a dir poco strategico, non soltanto con l’obiettivo di far risparmiare le pubbliche amministrazioni, ma anche di garantire quella trasparenza che spesso è mancata nel caleidoscopico mondo degli enti pubblici italiani.
E come sempre, quando si tratta di potere, si finisce per far gola a parecchi.