di Stefano Sansonetti
Le solite porte girevoli tra ministero del Tesoro e banche d’affari internazionali. Con conseguente intreccio di ruoli e interessi, tanto più intricato quanto più si avvicina la già complicata fase delle privatizzazioni. L’ex ministro dell’economia, Vittorio Grilli, alle fine non ha resistito alle lusinghe americane. Ed è approdato alla corte di Jp Morgan con un ruolo di non poco conto: capo del settore corporate e investment banking dell’area Europa, Medio Oriente e Africa. La nomina, guarda caso, arriva alla vigilia di quelle privatizzazioni che stanno dando al governo di Matteo Renzi più di qualche grattacapo in termini di incassi attesi. E qui gli intrecci si sprecano. Si dà infatti il caso che Jp Morgan sia nel pool di banche scelte dalla Cassa Depositi e Prestiti, controllata all’80% dal Tesoro stesso, quali consulenti finanziari per il collocamento del 40% di Fincantieri, il colosso della cantieristica guidato da Giuseppe Bono e controllato dalla medesima Cdp per il tramite di Fintecna. Le altre banche coinvolte sono Unicredit, Morgan Stanley, Credit Suisse e Banca Imi.
Gli altri passaggi
Ma le strade di Jp Morgan, a quanto pare, sono davvero infinite. Basti pensare che dalla banca americana viene l’amministratore delegato della Cassa Depositi, quel Giovanni Gorno Tempini che dalla tolda di comando del colosso partecipato da via XX Settembre e fondazioni bancarie sta per giocare un ruolo a dir poco delicato nella partita delle privatizzazioni. Nel dettaglio Gorno Tempini è entrato nella banca americana nel lontano 1987 occupandosi del settore trading fixed income. Dal 1992 al 2001, dalle sedi di Milano e Londra, si è occupato per Jp Morgan di un po’ di tutto: mercato italiano, trading mercati emergenti, mercati locali dell’Est Europa, government bond europei e chi più ne ha più ne metta. Nelle file dell’istituto Usa, però, ha anche incrociato i destini del fiorentino Matteo Del Fante, ex direttore generale della Cassa Depositi e fresco di investitura come amministratore delegato di Terna. La quale, seppur indirettamente, sarà a sua volta oggetto di privatizzazione. Tra gli asset che il governo e il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, si apprestano a mettere sul mercato, infatti, c’è anche il 49% di Cdp Reti, la controllata della Cassa che a sua volta ha in pancia il 30% di Snam e in prospettiva il 29,8% proprio della società che gestisce la rete di trasmissione dell’energia elettrica. Del Fante in Jp Morgan era stato assunto nel 1991, per poi ricoprire dal 1999 la carica di managing director a Londra. Il tutto fino al 2003, quando è approdato in Cassa.
Il precedente
Per non parlare di tutti i contatti esistenti tra la Jp Morgan e il ministero del Tesoro, fino a qualche tempo fa guidato da Grilli, che a via XX Settembre è stato anche direttore generale (dal 2005 al 2011) e Ragioniere generale dello Stato (dal 2002 al 2005). Innanzitutto la banca Usa è nella lista dei 20 “specialisti” in titoli di Stato italiani, ovvero il gruppone di banche estere a cui lo Stato si affida per collocare Bot e Btp dietro lauti compensi. Ma soprattutto fu proprio la Jp Morgan, nel 2003, a essere chiamata dall’allora Ragionere generale dello Stato Grilli come consulente per la spartizione di asset tra Tesoro e Cassa Depositi, proprio in quell’anno trasformata in società per azioni. In pratica bisognava decidere quali mutui e buoni fruttiferi andassero lasciati al Tesoro e quali trasferiti alla Cdp. Come ricordano tutt’ora nei corridoi di via XX Settembre, alla fine si decise di trasferire gli asset migliori (per esempio i mutui a tassi più alti) proprio alla Cassa oggi governata da uomini della Jp Morgan. In un intreccio incredibile che oggi viene arricchito dall’arrivo di Grilli nella banca Usa.
Twitter: @SSansonetti