di Silvio Capone
Le primarie del Partito democratico hanno sortito un primo risultato, quasi miracoloso. Far parlare di unità a sinistra. Il nome dell’ex ministro dei Beni culturali, Massimo Bray, è tornato a sorpresa in auge, quando sembrava che ormai Stefano Fassina fosse l’uomo di Sinistra italiana. Benedetto anche da alcuni sondaggi positivi, che gli accreditano un 8% di consensi, mentre l’ex sindaco Ignazio Marino continuava a essere in disparte. La vittoria di Roberto Giachetti ha scosso dal torpore la sonnolenta campagna elettorale.
OFFENSIVA – Forse gli altri partiti hanno capito che è il momento di fare sul serio. Visto che il Pd non è così in salute con meno di 50mila persone andate alle urne. Il problema principale è proprio per Giachetti che, come direbbero negli Stati Uniti, è il frontrunner. E dovrà fare i conti con questa situazione, per quanto stia tentando di prendere le distanze dall’ establishment. In questo clima Anche la minoranza dem ha ripreso fiato, lanciando un’offensiva. L’ex presidente dei deputati, Roberto Speranza, ha cercato di dettare alcune condizioni, nonostante la performance nelle previsioni di Roberto Morassut, che era stimato tra il 25 e il 30%. Certo, l’ipotesi di sostegno ufficiale a un candidato di sinistra d’ispirazione civica, come potrebbe essere Bray, è stata smentita. Perché sarebbe stata l’anticamera di una scissione che nessuno vuole, a cominciare da Pier Luigi Bersani (“Ci vuole il fisico per buttarmi fuori”, aveva ironizzato di recente). “Noi sosterremo tutti i candidati che hanno vinto, ma questo non può nascondere i problemi che ci sono”, ha affermato Speranza. Ma di sicuro la discesa in campo dell’ex ministro della Cultura avrebbe delle conseguenze nell’ambito del Partito democratico, con qualche dirigente che nel segreto dell’urna potrebbe optare per il tradimento. Del resto Giachetti è pur sempre un’emanazione renziana, benché il presidente del Consiglio abbia scelto la linea del basso profilo senza farsi vedere al fianco del “suo” candidato.
ALLARGAMENTO – Le manovre a sinistra sono iniziate da tempo. Salvo velocizzarsi nelle ultime ore, complice le primarie del Partito democratico che hanno imposto una decisione. “Il nostro compito è allargare il campo, da Stefano Fassina passando per l’esperienza di Contaci di Pippo Civati e al popolo di Ignazio Marino, fino a Massimo Bray, guardando anche a quanti elettori del Pd sono rimasti alla finestra in quanto disillusi”, ha affermato Gianluca Peciola, ex capogruppo di Sel in Campidoglio. Anche dal vicepresidente della Regione Lazio e dirigente nazionale di Sel, Massimiliano Smeriglio: “La sinistra tornerà ad essere credibile e vincente se saprà accogliere il contributo di tutti, soprattutto di personalità autorevoli e di primo livello come l’ex ministro Massimo Bray. Una sinistra forte non teme l’allargamento e non si chiude dentro piccole logiche proprietarie. A Roma serve una fase nuova, dove tutti possano sentirsi utili e nessuno indispensabile”. Un invito abbastanza chiaro rivolto a Fassina. Per fare klo sgambetto a Giachetti.