di Clemente Pistilli
Basta mettere un piede dentro i Palazzi romani e si diventa un inamovibile. Un privilegio ottenuto in quelle stanze è per sempre. E il futuro non è rosa solo per i politici. In Italia non si può mandare a casa neppure un portiere. Sempre che sia quello del Palazzo. Capita così che da otto anni la Presidenza del Consiglio dei Ministri sta cercando invano di risparmiare sulla vigilanza a Palazzo Vidoni e per farlo ha dovuto ingaggiare un’estenuante battaglia legale. Il Tar ha ora dato ragione a Palazzo Chigi, sostenendo che il custode deve lasciare l’alloggio di servizio a Palazzo Vidoni, pagando però due spiccioli per il tempo in più che è stato lì. Tutto finito? Neppure. C’è sempre la possibilità di fare appello.
Il Governo vuole l’immobile
Era il 24 ottobre del 2005 quando a Palazzo Chigi decisero di risparmiare sul servizio di vigilanza a Palazzo Vidoni. Nello storico immobile – uno dei palazzi romani rinascimentali di maggior valore, che in passato ha ospitato l’ambasciata di Germania e il Palazzo del Littorio – ha da tempo sede il Dipartimento della funzione pubblica, una delle strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Una struttura di cui ora è responsabile il ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Gianpiero D’Alia. Il Governo aveva valutato che telecamere e controlli esterni della Polizia erano più che sufficienti per garantire la sicurezza dell’edificio. Addio dunque al custode. Grazie per i 24 anni di attività e appartamento di servizio da restituire nel giro di 180 giorni.
Casa dolce casa
Il dipendente congedato non ci ha pensato proprio a fare fagotto, lasciando appartamento e lavoro. Vivere in pieno centro a Roma, in un immobile storico, tra affreschi del cinquecento e del settecento, non è da tutti. Non capita tutti i giorni di alloggiare in un luogo che ha fatto la storia. Niente di meglio che un bel ricorso. Sette anni fa il Tar ha così dato ragione al custode, reintegrandolo nelle sue funzioni e lasciandogli la sua casa al quarto piano di Palazzo Vidoni. Nel 2009 per il dipendente è arrivato il momento della pensione, ma l’alloggio non l’ha lasciato neppure allora. Un anno dopo a cambiare tutto arriva la decisione del Consiglio di Stato, che ha dato ragione alla Presidenza del Consiglio. Altri provvedimenti e altre battaglie legali.
Abusivo per pochi spiccioli
Il custode ha chiesto nuovamente l’intervento del Tar, sia contro l’ordinanza di rilascio dell’alloggio che contro il provvedimento con cui, avendo occupato quelle stanze senza alcun titolo per anni, gli è stato chiesto di pagare oltre centomila euro di indennità. Vivrei un dramma umano e familiare dovendo andare via da lì, ha detto il custode. Lui poi non sarebbe stato un semplice vigilante. Il dipendente pubblico, ormai pensionato, ci ha tenuto a far sapere ai giudici che a Palazzo Vidoni si occupava anche di regolare l’illuminazione, dare informazioni a chi entrava e usciva e ispezionare il riscaldamento. Più di un portiere. Un tuttofare. Sulla vicenda, secondo il custode, pesava poi un importante precedente, quello di un altro custode di Palazzi romani, andato in pensione, a cui è stato lasciato l’appartamento di servizio. Il Tar del Lazio, alla fine, ha ritenuto “logica e ragionevole” la decisione di Palazzo Chigi finalizzata a risparmiare eliminando il servizio di vigilanza. Visto, però, che lì il custode ha lavorato e che la sentenza del Consiglio di Stato è arrivata solo nel 2010, troppi oltre centomila euro di indennità per occupazione abusiva. Secondo i giudici amministrativi, l’ex dipendente deve lasciare lo stabile, ma pagando allo Stato molto meno. Una sentenza che rende il portiere-vigilante un po’ meno inamovibile, ma non è detto. Si può sempre impugnare la sentenza e poi andare anche in Cassazione.