Tutti a sparare su Giuseppe Conte per la vicenda del condono a Ischia ma chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Davanti al cambiamento climatico e all’ennesimo disastro che ha causato morte e distruzione nell’isola di Ischia, tutti stanno puntando il dito contro l’ex premier e leader pentastellato accusandolo di ogni nefandezza.
Tutti a sparare sull’ex premier Conte per la vicenda del condono a Ischia ma chi è senza peccato, scagli la prima pietra
Peccato che i suoi accusatori che imperversano su tutti i media mainstream cercando di cavalcare l’onda di un disastro annunciato e con il preciso scopo di fargli la morale, sono gli stessi che, in passato e con i loro partiti, hanno permesso condoni in lungo e largo.
Ben prima della norma inserita all’interno del decreto Genova dell’allora governo gialloverde, l’isola campana era stata destinataria di tre leggi simili. Si tratta di quelle del 1985 del governo Bettino Craxi, del 1994 e del 2003 dai due esecutivi guidati da Silvio Berlusconi. Quello dell’ex leader del Psi viene ricordato come il primo condono edilizio della storia d’Italia.
Una norma varata appena 37 anni fa dal Centrosinistra e che aveva un duplice scopo da un lato portare a casa cinquemila miliardi di lire – un risultato possibile in virtù del fatto che il decreto era valido per tutti – e dall’altro impedire nuovi abusi edilizi. Peccato che la legge non portò a casa nessuno dei due propositi, neanche quello economico visto che incassò il 58% in meno di quanto previsto, ma al contrario aprì la strada a innumerevoli provvedimenti analoghi.
Un copione che non è mutato neanche dopo tangentopoli e la rovinosa caduta della Prima Repubblica. La Seconda, infatti, si è aperta subito con un condono edilizio. Questa volta siamo nel 1994 a la legge viene varata dal Centrodestra del primo governo Berlusconi, tra l’altro non senza contraddizioni.
All’epoca dei fatti al ministero dell’Economia c’era Giulio Tremonti che non era mai stato favorevole ai condoni come messo nero su bianco nel 1991 quando, dalle colonne del Corriere della Sera, aveva bocciato quello contenuto nella legge a firma Formica, con una frase poi passata alla storia: “In Sudamerica il condono fiscale si fa dopo il golpe. In Italia lo si fa prima delle elezioni; ma invertendo i fattori il prodotto non cambia: il condono fiscale è comunque una forma di prelievo fuori legge”.
C’è dell’ironia se si pensa che la legge di Tremonti ha riaperto i termini del condono edilizio del 1985, con l’intento di recuperare 17mila miliardi di lire in quanto la sanatoria avrebbe riguardato circa 300mila alloggi abusivi realizzati dal 1 ottobre 1983 al 16 marzo 1985, a cui se ne aggiungevano altri 500 mila realizzati dal 17 marzo 1985 a fine dicembre 1993. Nel 2003 è un altro esecutivo guidato dal Cavaliere a dare il via a una nuova sanatoria.
I condoni in Italia li hanno fatti tutti
Ma i condoni in Italia li hanno fatti tutti visto che anche il governo tecnico di Mario Monti, malgrado si è opposto a tale pratica, prorogò di un anno i termini di accertamento del condono del 2002. Una situazione ben diversa da quella del governo Conte che ieri si è difeso: “Il decreto emergenze del 2018 non contiene condoni. Questa norma serviva perché a Ischia, la ricostruzione post terremoto era paralizzata. Bisognava capire a chi darlo”. “E sapete quante pratiche sono state accolte con questa norma? Solo 6 su oltre 1.400” conclude Conte.
Insomma difficile capire come si possa pensare di fare la morale visto che nessuno è esente da questa pratica. Eppure il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin (nella foto), ieri ha tuonato: “Basterebbe mettere in galera il sindaco e tutti quelli che lasciano fare”. Una frase che ha scatenato l’indignazione perfino dei ministri Matteo Salvini e Daniela Santanché che lo hanno invitato a misurare le proprie parole.
Il disastro di Ischia dimostra che bisogna combattere il cambiamento climatico e mettere in sicurezza il Paese. Ma il governo sembra avere altre priorità
Quel che è certo è che questo disastro, costato la vita a otto persone, dimostra che bisogna combattere il cambiamento climatico e mettere in sicurezza il Paese. Ma il governo di Giorgia Meloni sembra avere altre priorità. Una di queste è quella di tornare a trivellare l’Adriatico, di cui si è fatta portabandiera la viceministra alla Transizione ecologica, Vannia Gava: “La tutela dell’ambiente è tema prioritario. Nondimeno, la ripresa delle attività estrattive è utile e necessaria al Paese”.
Idee che, specie alla luce di quanto accaduto in questo fine settimana, hanno visto crescere il fronte del No alle trivelle a partire dall’associazione Vita Veneto che sottolineano come le dichiarazioni di Gava vanno in contrasto con quelle di Luca Zaia, governatore leghista del Veneto nonché suo compagno di partito, secondo cui “le trivellazioni degli anni 50 avviarono una vera e propria catastrofe ambientale: il fenomeno della subsidenza si manifestò in tutta la sua drammaticità, con i suoli che sprofondarono fino a 4 metri e che tutt’ora continuano a sprofondare”.
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