Domenica, al G7 in Germania, Draghi ha detto: “La crisi energetica non produca un ritorno dei populismi”. Nelle stesse ore casualmente mi capitavano sotto gli occhi i dati Istat del giugno 2018.
Vi si legge che a quella data cinque milioni di italiani vivevano sotto la soglia della povertà assoluta. Era la cifra più alta mai registrata da quando l’Istat esegue la rilevazione, cioè dal 2005. E mancavano i numeri della povertà relativa e dei “nuovi poveri”, ben definiti da un’inchiesta de L’Espresso del febbraio 2018.
Nel frattempo i dati Eurostat ci dicevano che l’Italia era in cifre assolute il Paese con il numero più alto di poveri in Europa, seguita da Romania e Francia.
Reddito di cittadinanza sotto attacco
È nel quadro di questa realtà che nacque l’istituto del Reddito di cittadinanza, divenuto operativo col decreto legge n. 4 del 28.1.2019.
Mi sembra quanto mai necessario ricordare queste cose oggi, dato che il fortino del Reddito viene regolarmente bombardato da una invincibile armata composta da quasi tutte le forze politiche, nonché dalla quasi totalità dei giornali, mentre il presidente di Confindustria, Bonomi, ha l’impudicizia di affermare che il Reddito, con i suoi 500 euro medi mensili, sottrae manodopera agli schiavisti che cercano lavoratori per 10 ore al giorno per 280 (duecento ottanta) euro al mese, come abbiamo visto nelle cronache della scorsa settimana.
Il Reddito è il frutto del governo gialloverde di allora. Governo di “populisti” appunto, per quanto l’Rdc fosse mal digerito dalla parte leghista.
Draghi e i giornali che oggi augurano la “fine dei populismi” dovrebbero spiegare cosa intendono con quella parola. Intendono misure sociali per alleviare le sofferenze dei fragili e dei disagiati?
Intendono misure che depotenziano spese non urgenti, come quelle destinate agli armamenti, al fine di impiegare le risorse in sanità, contrasto alla povertà e aiuto alle famiglie? Se è così, allora viva i populismi. Che una volta si chiamavano stato sociale o socialdemocrazia.
Draghi a disposizione dei suoi interessi
Intendiamoci, è fisiologico che in democrazia ci sia una varietà di opinioni, comprese quelle di partiti che difendono gli interessi delle classi abbienti, le quali formano forse il 5-10% della popolazione.
Ma è malsano, che su queste posizioni reazionarie si attesti la quasi totalità delle forze politiche: dal Pd – detto anche “il partito dei ricchi” (copyright Romano Prodi, marzo 2019) – fino ai centristi di varia natura (Renzi, Calenda, Toti, prossimamente Mastella e fuoriusciti del M5S) nonché FI, Lega e FdI, con la sola eccezione del M5S o quel che ne rimane.
Al coro si aggiunge la proterva figura di quel Draghi che, autodefinitosi “un nonno a disposizione delle istituzioni”, ha mostrato nella corsa al Quirinale di essere in verità a disposizione delle sue ambizioni.
Per Draghi e soci, i poveri possono arrangiarsi: meglio comprare armi per l’Ucraina, compiacere l’America e non “disallinearsi dalla Nato”, vedi mai che la Nato ci bombardi.