Matteo Renzi è risoluto. “Se il Pd fa il Pd e smette di litigare… possiamo raggiungere… la percentuale che abbiamo preso nelle due volte in cui io ho guidato la campagna elettorale – dichiarava all’Ansa il 7 novembre –. Il 40%, raggiunto sia alle Europee che al Referendum”. Silvio Berlusconi non è da meno. “Alle politiche si va in ogni caso con lo stesso schema, il modello è vincente e saremo noi a guidare la coalizione. Ora si punta al 40%», commentavano ad Arcore dopo il successo in Sicilia. E che dire del grillino Luigi Di Maio? “Attualmente noi miriamo al 40 per cento”, spiegava il 13 novembre a Che Tempo Che Fa. Ma con il Rosatellum, basterà per avere una maggioranza autosufficiente? A quanto pare no. Almeno a leggere il vademecum del presidente del Gruppo Misto di Montecitorio, Pino Pisicchio, professore di Diritto pubblico comparato all’Unint di Roma.
Perdenti e contenti – “La nuova legge elettorale non prevede premi di maggioranza, né la parte maggioritaria (i collegi uninominali che rappresentano un terzo circa del totale) è di entità tale da correggere in modo significativo la distribuzione dei seggi che sarà fatta in rigorosa proporzione ai voti raccolti dalle coalizioni o dalle liste”. Premessa, quella di Pisicchio, che porta dritto alla conclusione: “Guardando all’assetto delle forze in campo, essenzialmente tripolare, non è difficile prevedere una non prevalenza assoluta di nessuno dei tre contendenti (centro-sinistra, centro-destra, 5 Stelle). Pertanto è assai improbabile che ciascuno dei poli abbia l’autosufficienza con la maggioranza assoluta dei seggi nei due rami del Parlamento”. Maggioranza garantita solo dal 50,1% dei voti, sottolinea il vademecum. Un’analisi, quella del deputato pugliese, che integra di fatto il suo libro “Come funzionano le leggi elettorali – Piccolo manuale delle regole del voto in Italia e nel mondo” (Giubilei) pubblicato prima dell’entrata in vigore del Rosatellum.
Si salvi chi può – Insomma, inseguendo il 40 per cento, le prossime politiche rischiano di trasformarsi in una sfida per decretare chi sarà il miglior perdente. Ma non è tutto. Nei collegi uninominali, “per sostenere un comune candidato”, i partiti “potranno dar vita a coalizioni nazionali che potranno accedere alla ripartizione dei seggi se superano una soglia di sbarramento del 10%”. Inoltre, è necessario che il candidato “faccia parte di un partito che superi il 3% dei voti validi o che sia allocato in una coalizione in cui almeno un partito l’abbia superata”, sottolinea Pisicchio. Quindi, a differenza del vecchio Mattarellum, in cui la quota proporzionale del 25% era il vero paracadute per i piccoli partiti, con il Rosatellum l’ancora di salvezza per le forze minori diventano i collegi uninominali. “Anche una lista minore che partecipi alla coalizione senza avere la ragionevole speranza di superare la soglia di sbarramento del 3% può aspirare ad avere qualche eletto attraverso le candidature nei collegi uninominali – sottolinea, del resto, Pisicchio -. In questo caso, infatti, la candidatura godrà del voto che in quel territorio tutte le liste coalizzate andranno a raccogliere con l’automatismo del voto unico”.