Turismo, calano le presenze ma aumenta la propaganda: cosa non torna nei numeri del governo

I dati Istat svelano un calo del turismo domestico e ridimensionano il trionfalismo della ministra Santanchè.

Turismo, calano le presenze ma aumenta la propaganda: cosa non torna nei numeri del governo

Il turismo, nel discorso pubblico, è spesso il piatto forte delle narrazioni governative. Non fa eccezione la dichiarazione della ministra del Turismo, Daniela Santanchè, che nei giorni scorsi ha celebrato i dati Istat di novembre 2024, parlando di un “notevole incremento del turismo” con un +11,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. “Questo aumento si concretizza in 17,5 milioni di presenze,” ha sottolineato la ministra, “dimostrando l’ottima salute del comparto anche durante periodi non convenzionali”. Ma la realtà, come spesso accade, è più complessa di quanto un comunicato stampa possa raccontare.

Turismo, i numeri che smentiscono l’ottimismo di Santanchè

Secondo i dati ufficiali dell’Istat relativi al terzo trimestre del 2024, il settore turistico italiano ha registrato un calo complessivo rispetto allo stesso periodo del 2023. In particolare, gli arrivi sono diminuiti del 3,6% e le presenze dell’1,4%. A pesare è stata soprattutto la flessione del turismo domestico: gli italiani hanno viaggiato di meno, segnando un -7,3% negli arrivi e un -5,5% nelle presenze. La dinamica si è mantenuta negativa anche nei mesi tradizionalmente forti come luglio e agosto, evidenziando una contrazione che non può essere ignorata.

Se da un lato i turisti stranieri hanno mostrato una crescita contenuta (+4,5% a luglio, +3,0% ad agosto, +0,2% a settembre), il dato complessivo del trimestre è chiaro: il settore ha subito una battuta d’arresto. Parlare di “ottima salute” del comparto sembra quantomeno azzardato, specialmente se si considera che il terzo trimestre è storicamente uno dei più importanti per il turismo italiano. La destagionalizzazione, citata come punto di forza dalla ministra, può spiegare solo in parte il presunto recupero di novembre, ma non è sufficiente a compensare le perdite precedenti.

La narrazione governativa che celebra il turismo come settore “dinamico” e “fattore cruciale per il reddito della Nazione” rischia di trasformarsi in una cortina fumogena. Non è la prima volta che i numeri vengono estrapolati selettivamente per dipingere un quadro più roseo di quanto sia realmente. I numeri vanno contestualizzati: il confronto tra novembre 2024 e novembre 2023, per esempio, potrebbe essere influenzato da fattori contingenti, come la ripresa post-pandemia o eventi straordinari. Tuttavia, quando si allarga lo sguardo al 2024 nel suo complesso, il quadro è meno lusinghiero.

Vale la pena chiedersi quale sia l’effettivo impatto delle politiche promosse dal governo per sostenere il turismo. La flessione del turismo domestico è un campanello d’allarme: se gli italiani viaggiano di meno, ciò potrebbe essere sintomo di difficoltà economiche o di un’offerta turistica che non riesce più ad attrarre la domanda interna. Al contempo, la crescita del turismo internazionale è certamente positiva, ma non è uniforme e sembra concentrata in alcune aree specifiche del Paese, lasciando indietro altre regioni.

Le sfide strutturali ignorate dalla politica

In un contesto così articolato, l’entusiasmo delle dichiarazioni ufficiali suona fuori luogo. Se è vero che il turismo è uno dei pilastri dell’economia italiana, è altrettanto vero che servono analisi rigorose e interventi mirati per affrontare le sfide strutturali del settore. Ignorare i segnali di rallentamento e concentrarsi esclusivamente su dati positivi rischia di perpetuare una politica miope e autocompiaciuta.

Il turismo non è roba da ridurre a uno slogan o a una conferenza stampa. Richiede investimenti strategici, una visione a lungo termine e, soprattutto, onestà intellettuale nel raccontarne i successi e le criticità.