Una prova di forza non da poco. Oltre tre milioni di persone sono scese in piazza a Istanbul per sostenere Recep Tayyip Erdogan, nel mega raduno voluto ieri dal presidente turco “per la democrazia e i martiri“. Una prova di forza, come detto, per sottolineare il fallimento del tentato colpo di stato dello scorso 15 luglio, che ha causato circa 270 morti e ha dato a Erdogan l’alibi per avviare una durissima epurazione di giudici, militari e docenti. Non a caso il presidente ha colto l’occasione per ripetere di essere pronto ad approvare la reintroduzione della pena di morte nel Paese, “se il Parlamento votasse per introdurla”.
L’organizzazione imposta dal Sultano èstata senza precedenti. Per l’occasione sono stati mobilitati circa 15mila poliziotti, 13mila organizzatori, migliaia gli autobus e circa i 200 battelli che hanno portato i manifestanti nella zona portuale di Yenikapi in un sit-in che per la prima volta da decenni ha riunito anche i principali partiti di opposizione. Presenti infatti il segretario del partito socialdemocratico Chp, Kemal Kiliçdaroglu, e il leader del partito ultranazionalista Mhp, Devlet Bahçeli. Non sono invece stati invitati rappresentanti della formazione pro-curda Hdp, accusati da Erdogan di sostenere i militanti del Pkk.
“Voi popolo della Turchia che vi siete adunati oggi provenienti da 81 province, voi oggi siete guardati da tutto il mondo e ancora una volta io voglio ribadire che il 15 luglio questo popolo ha difeso la propria nazione e ha salvaguardato la propria indipendenza”, ha detto Erdogan rivolgendosi alla folla. Arrivando sulla spianata già stracolma di gente, il presidente aveva twittato dal suo account: “Invito tutti i miei cittadini a Yenukapi, per mostrare in modo inequivocabile e forte la nostra unità e solidarietà“. “Restiamo uniti, fratelli, noi siamo un unico popolo, il popolo della Turchia”, ha ripetuto poi nel suo discorso. “Queste immagini di unità danno fastidio al nemico ma noi lanciamo un segnale al nostro nemico e cioè che che verrà sconfitto”. Quanto alla minaccia di reintrodurre nel Paese la pena di morte, abolita nel 2004, Erdogan è tornano a dirsi pronto ad approvarla “se il Parlamento votasse per introdurla”, ricordando che “molti altri Paesi” ce l’hanno.
Ma a intervenire è stato anche il capo delle forze armate turche Hulusi Akar che ha ribadito che “i traditori autori del golpe fallito saranno puniti nel modo più duro possibile” e ringraziato la popolazione civile per aver aiutato a fermare il colpo di stato. Il premier Binali Yildirim dal canto suo ha detto: “Non agiremo con una motivazione di vendetta ma dentro lo stato di diritto“. Stato di diritto nel cui ambito pochi giorni fa la Corte di Istanbul ha spiccato un mandato di cattura nei confronti dell’imam Fethullah Gulen, autoesiliatosi negli Stati Uniti dal 1999, che come è noto Erdogan ritiene il mandante del golpe e di cui ha chiesto l’estradizione. “Gulen verrà in Turchia e pagherà per quello che ha fatto”, ha chiosato Yildirim.