Trump vuole cancellare Gaza e i palestinesi, ma nemmeno lui ci riuscirà

Trump vuole trasformare Gaza in una “Riviera del Medio Oriente” espellendo i palestinesi, ma il piano è illegale e irrealizzabile

Trump vuole cancellare Gaza e i palestinesi, ma nemmeno lui ci riuscirà

Donald Trump ha annunciato l’intenzione di prendere il controllo della Striscia di Gaza, espellere l’intera popolazione palestinese e trasformare l’area in una “Riviera del Medio Oriente”. Non serve una grande analisi per capire di cosa si stia parlando: pulizia etnica su vasta scala, in purezza. 

Trump, mai timido nel suo revisionismo imperiale, porta questa volta l’arroganza a livelli inediti. L’espulsione forzata di circa due milioni di palestinesi è vietata dal diritto internazionale, in particolare dalla quarta Convenzione di Ginevra, che proibisce i trasferimenti coatti di popolazioni civili. Non si tratta di un dettaglio tecnico, ma di un crimine di guerra, il cui solo annuncio dovrebbe risuonare come un allarme globale.

Un crimine di guerra travestito da progetto economico

Dal punto di vista operativo, il piano è una distopia logistica. Sarebbe necessaria una presenza militare statunitense massiccia e permanente, in contraddizione con le stesse promesse elettorali di disimpegno dal Medio Oriente. Il costo economico? Superiore a ogni precedente impegno, ben oltre i 40 miliardi di dollari annui che gli Stati Uniti destinano oggi alla cooperazione internazionale, una spesa che Trump stesso ha definito eccessiva.

La reazione dei paesi limitrofi non si è fatta attendere. Egitto e Giordania, già sotto pressione per la gestione di milioni di rifugiati palestinesi, hanno rigettato con fermezza l’idea di accogliere nuovi sfollati. Un rifiuto che, nella visione di Trump, sembra più un dettaglio negoziabile che un vincolo insormontabile. Le critiche internazionali non sono state meno severe: Halie Soifer del Jewish Democratic Council of America ha definito la proposta “completamente staccata dalla realtà”, mentre Andrew Miller, ex consigliere per il Medio Oriente, l’ha qualificata come “la più incomprensibile mai sentita da un presidente americano”.

Una distopia logistica destinata al fallimento

Al di là della legalità e della fattibilità, il piano rappresenta un’aggressione diretta alla memoria collettiva del popolo palestinese. Ripeterebbe il trauma della Nakba del 1948, quando centinaia di migliaia di palestinesi furono costretti all’esilio. L’occupazione americana di Gaza non sarebbe solo una violazione del diritto all’autodeterminazione, ma un atto di cancellazione identitaria.

Questa non è una proposta per la pace o la prosperità. È un progetto coloniale travestito da opportunità economica. La trasformazione di Gaza in “Gaz-a-Lago”, come ironizzato da David M. Friedman, ex ambasciatore di Trump in Israele, è la quintessenza dell’arroganza imperiale che pretende di rimpiazzare la storia di un popolo con il cemento dei resort.

Il piano di Trump si inserisce in una lunga tradizione di politiche che ignorano il diritto dei popoli all’autodeterminazione. La rimozione forzata di una popolazione non può essere giustificata da ambizioni economiche, per quanto lucrose possano sembrare. L’assenza di un piano concreto per la gestione del territorio post-espulsione è la prova definitiva dell’approssimazione e della superficialità con cui è stato concepito.

La proposta rivela anche una contraddizione insanabile nella politica estera statunitense. Dopo decenni di tentativi, spesso fallimentari, di mediazione e diplomazia, l’idea di una presa di controllo unilaterale rappresenta un ritorno a logiche coloniali che si speravano superate. Per questo la comunità internazionale non può permettere che simili azioni vengano considerate senza conseguenze.

Insomma, il piano di Trump per Gaza è una miscela tossica di ignoranza giuridica, insensatezza strategica e disprezzo per i diritti umani. Non solo è irrealizzabile, ma costituisce una minaccia diretta alla stabilità del Medio Oriente e ai principi fondamentali del diritto internazionale. Qualsiasi tentativo di attuarlo non farebbe che esacerbare una crisi già devastante, alimentando ulteriori conflitti e sofferenze umane. O forse è proprio questo che piace così tanto a Trump.