Doveva essere l’occasione per preparare una proposta di pace congiunta tra Regno Unito, USA, UE e Ucraina, ma il vertice di Londra si è rivelato un clamoroso flop. Che le cose non sarebbero andate per il verso giusto era apparso chiaro già in mattinata, quando il summit – improvvisamente e in modo del tutto inatteso – è stato declassato, in seguito alla decisione dei ministri degli Esteri di non partecipare. L’incontro è stato così rinviato “a data da destinarsi” e lasciato nelle mani di “funzionari di livello inferiore”.
Un nulla di fatto, probabilmente causato dalle tensioni legate al piano di pace di Donald Trump, che strizza l’occhio a Vladimir Putin prevedendo importanti concessioni territoriali alla Russia. Un piano che ha messo in forte imbarazzo il governo di Keir Starmer e che, come prevedibile, è stato subito strumentalizzato dalla propaganda russa.
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Commentando questo fallimento della diplomazia occidentale, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha affermato che l’incontro è saltato “perché i partecipanti non sono in grado di concordare posizioni comuni su alcun punto” dell’eventuale accordo di pace.
Secondo indiscrezioni, il mancato vertice tra i ministri degli Esteri sarebbe legato proprio alla proposta di cessate il fuoco che l’amministrazione Trump sarebbe pronta a firmare con Mosca. Il piano includerebbe il riconoscimento de iure dell’annessione della Crimea (2014), il congelamento dell’attuale linea del fronte con l’annessione dei territori occupati, e lo stop definitivo all’ingresso dell’Ucraina nella NATO.
Una proposta giudicata irricevibile dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky e dai leader europei, sia perché non tutela l’integrità territoriale dell’Ucraina, sia perché non garantisce alcuna protezione futura da parte degli Stati Uniti.
La proposta farsa
A far saltare il banco, però, sarebbe soprattutto la forte somiglianza tra la proposta di Trump e quella avanzata da Putin. Secondo il Financial Times, durante il vertice tenutosi a Mosca la scorsa settimana con l’inviato statunitense Steve Witkoff, il presidente russo avrebbe offerto agli USA un piano per porre fine all’invasione dell’Ucraina attraverso il congelamento dell’attuale linea del fronte. In pratica, Mosca rinuncerebbe all’annessione completa delle regioni di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhia – attualmente occupate solo in parte – in cambio di tre condizioni: il riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea, la neutralità dell’Ucraina rispetto alla NATO, e l’assenza di truppe europee in missioni di peacekeeping.
Ben diversa la posizione di Zelensky, che rifiuta qualsiasi ipotesi di cessione territoriale e, insieme agli alleati europei, continua a chiedere il pieno ritorno dell’Ucraina ai confini pre-2014.
Un clima di forte tensione che ha spinto il vicepresidente statunitense J.D. Vance a cercare di “indorare la pillola”. In un intervento pubblico, ha dichiarato di credere “che sia giunto il momento di compiere, se non l’ultimo passo, uno degli ultimi: affermare che fermeremo le uccisioni e congeleremo i confini territoriali a un livello simile a quello attuale”. Una scelta che – ha aggiunto – “significa che sia gli ucraini che i russi dovranno rinunciare a parte del territorio che attualmente possiedono”.
Potrebbe sembrare una posizione muscolare da parte degli Stati Uniti, ma non lo è affatto. Infatti, la porzione di territorio russo ancora controllata da Kiev si riduce ormai a pochi chilometri quadrati nella regione di Kursk. Ancora più preoccupante, Vance ha aggiunto che, se Mosca e Kiev non accetteranno rapidamente questa proposta, gli Stati Uniti si ritireranno da una guerra “che non è la nostra”.