Sembra proprio che, più degli attacchi dell’esercito israeliano a Gaza e in Cisgiordania, uniti al consueto scambio di accuse tra Hamas e Israele in merito a “violazioni del cessate il fuoco”, a rischiare di far naufragare la fragile tregua siano le dichiarazioni shock di Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti, infatti, ha annunciato “un piano per ripulire” Gaza, chiedendo a Egitto e Giordania di accogliere i palestinesi, affinché possa affermarsi una pace duratura in Medio Oriente.
“Stiamo parlando di un milione e mezzo di persone, e noi ripuliremo tutto”, ha dichiarato Trump davanti a giornalisti increduli, aggiungendo che Gaza “è un cantiere di demolizione”. La proposta, che il tycoon ha definito “temporanea o anche definitiva”, prevede la deportazione di tutti i palestinesi nei Paesi arabi vicini.
Trump ipotizza di deportare i palestinesi in Egitto e Giordania, e infiamma di nuovo il Medio Oriente
Questa ipotesi ha immediatamente scatenato le proteste di Egitto e Giordania. Il ministro degli Esteri di Amman, Ayman Safadi, ha chiarito: “Il nostro rifiuto dello sfollamento dei palestinesi è fermo e non cambierà. La Giordania è per i giordani e la Palestina è per i palestinesi”. Dichiarazioni che hanno suscitato la reazione di Hamas. Bassem Naim, esponente di spicco dell’ufficio politico del gruppo palestinese, ha affermato: “Come abbiamo sventato ogni piano di sfollamento e di patrie alternative nel corso dei decenni, la nostra gente sventerà anche questi progetti”. Anche la presidenza dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) ha criticato duramente la proposta di Trump, definendola “una palese violazione delle linee rosse contro cui abbiamo costantemente messo in guardia”, aggiungendo che “il popolo palestinese non abbandonerà mai la propria terra. Il nostro popolo non lascerà la propria patria”.
Critiche per le dichiarazioni del presidente Usa sono arrivate anche dall’Unione Europea. La ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, si è detta incredula e ha sottolineato: “La popolazione palestinese non deve essere espulsa da Gaza, e Gaza non deve essere occupata o ricolonizzata in modo permanente da Israele”.
Alta tensione tra Hamas e Israele
Al di là delle polemiche sollevate dal presidente Usa, la tregua appare appesa a un filo. Nelle ultime ore, a tenere banco è stata la presunta violazione dell’accordo da parte di Hamas, che non ha ancora rilasciato, come previsto, l’ostaggio Arbel Yehud e non ha consegnato l’elenco dettagliato delle condizioni degli ostaggi per la prima fase dell’accordo. Per queste omissioni, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha ribadito che Tel Aviv “continuerà a far rispettare rigorosamente gli accordi per il cessate il fuoco”, avvertendo però che la pazienza ha un limite.
Le pressioni sembrano aver avuto effetto: Hamas ha annunciato che entro venerdì rilascerà tre ostaggi, tra cui Yehud, e altri tre sabato. Inoltre, ha accolto le nuove richieste israeliane consegnando una lista di 33 ostaggi da liberare nella prima fase dell’accordo di tregua, precisando che 25 di essi sono ancora in vita.
Queste rassicurazioni sono state accolte con favore dal primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che ha autorizzato il ritorno nel nord della Striscia di Gaza a migliaia di profughi palestinesi. Una decisione interpretata da alcuni come un passo avanti verso una pace duratura, ma criticata aspramente dall’estrema destra israeliana. L’ex ministro Itamar Ben Gvir ha definito le immagini dei palestinesi in marcia come “un’altra parte umiliante” dello “sconsiderato” accordo di cessate il fuoco. “Questa non è una vittoria totale, è una resa totale”, ha scritto Ben Gvir su X, rinnovando il suo appello a Netanyahu di stracciare l’accordo e “tornare alla guerra fino alla completa distruzione di Hamas”.