L’Everest della burocrazia è riservato alle attività di autoriparazione: per aprire un’officina il moloch della pubblica amministrazione pretende 86 adempimenti che si traducono in quasi 19mila euro di costi da affrontare. Una scalata quasi identica per gli aspiranti imprenditori falegnami: 78 adempimenti e 19.700 euro di spesa per le pratiche. Le gelaterie superano i bar con 73 adempimenti contro 71; se la passano meglio, si fa per dire, gli acconciatori con appena 65 pratiche da sbrigare presso 26 enti e un onere di 17.500.
Sono alcune realtà fotografate dall’Osservatorio nazionale della Cna “Comune che vai, burocrazia che trovi” che misurano l’impatto negativo di procedure lunghe, complesse e costose per avviare un’impresa e che rappresentano il principale freno allo sviluppo economico del Paese. Davanti alla Commissione parlamentare per la semplificazione, la vice presidente della Cna, Stefania Milo, ha ricordato che la Confederazione da tempo sollecita la “lotta contro la cattiva burocrazia” e negli ultimi anni non sono mancate le buone intenzioni da parte del legislatore per razionalizzare e semplificare l’apparato burocratico.
Tuttavia “nonostante lo sforzo profuso dal Parlamento l’azione di ammodernamento appare ancora inadeguata”. La Milo ha evidenziato inoltre l’esigenza di fare “un tagliando agli aggiustamenti introdotti sui principali strumenti amministrativi”, tra cui la conferenza dei servizi, l’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) che non ha centrato l’obiettivo di economicità amministrativa e con tempi di rilascio ancora troppo lunghi, e il SUAP (Sportello Unico per le attività produttive).