di Monica Setta
Ci aveva sperato Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio, associazione che aggrega oltre 820mila imprese, che il governo di Enrico Letta riuscisse a fare di più per rilanciare l’economia. E qualcosa di buono, lo riconosce, ė stato fatto: il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga, la sospensione della rata di giugno dell’Imu sulla prima casa, forse anche le misure annunciate per l’occupazione giovanile. Ma tutto questo non basta. Serve uno sforzo maggiore affinché l’inversione di tendenza, come ha auspicato anche il governatore di Bankitalia Ignazio Visco nella sua relazione annuale, si realizzi entro fine anno, prima che sia troppo tardi.
Dunque governo Letta bocciato?
“Quando si è insediato, nel suo discorso alle Camere il premier aveva detto che il ruolo dell’economia reale e dell’impresa diffusa sarebbe stato al centro dell’attività di governo. Un impegno che avevamo subito registrato come un cambio di passo rispetto al precedente esecutivo. E le prime misure, a partire dalla sospensione dell’Imu, erano giuste perché sostengono i redditi delle famiglie. Ma per il rilancio dell’economia stiamo ancora aspettando”.
Cosa vi ha deluso?
“Le imprese sono al collasso e hanno bisogno di un segnale forte. Sull’Imu chiedevamo di sospendere il versamento della prima rata dell’imposta anche per le imprese, compresi naturalmente alberghi e negozi, auspicando una completa revisione dell’imposizione immobiliare che escluda dall’imposta tutti gli immobili strumentali all’attività di impresa. A tale proposito, voglio sottolineare come il versamento di questa tassa per il 2012 si sia rivelato una vera e propria “stangata” per le Pmi che hanno sborsato oltre 8 miliardi di euro su un gettito totale di quasi 24 miliardi. E c’è poi ancora l’incognita del previsto aumento dell’Iva a luglio. Mi aspetto che si scongiuri definitivamente questa eventualità perché altrimenti si darebbe il colpo di grazia ai consumi”.
Anche in materia di debiti della Pubblica amministrazione siete critici…
“Nonostante si siano apportate modifiche, il provvedimento rimane inadeguato sia per le farraginose interrelazioni tra le diverse amministrazioni e le procedure complesse, sia perché il meccanismo della compensazione previsto dal decreto si limita solo a quelle imprese inadempienti nei confronti del fisco escludendo, di fatto, le imprese che hanno sempre adottato un comportamento corretto e che, peraltro, sono la stragrande maggioranza. Insomma, il recupero dei crediti per le imprese ancora oggi rimane complesso. E vorrei ricordare che questo problema per molte di esse è un problema esiziale per la stessa sopravvivenza dell’attività”.
Qual è lo stato del commercio?
“La crisi morde ancora e colpisce indistintamente tutti i territori e tutti i settori produttivi. Ci troviamo in condizioni economiche e sociali difficilissime in cui a soffrire sono soprattutto le imprese del terziario che vivono di domanda interna. Una situazione da allarme rosso che ci porta a stimare una perdita di oltre 95 mila imprese del terziario di mercato nel biennio 2013-2014, di cui la metà nel solo commercio al dettaglio”.
Quali misure chiedete subito?
“Quest’anno prevediamo in ribasso Pil e consumi rispettivamente dell’1,7% e del 2,4%. Servono dunque subito misure anticicliche in grado di sostenere l’economia reale. Quattro, secondo noi, le priorità su cui intervenire. Primo, ridurre una pressione fiscale che già oggi, con un livello che sfiora il 55% per i contribuenti in regola, è incompatibile con qualsiasi prospettiva di ripresa; secondo, ridare liquidità alle imprese riaprendo i rubinetti del credito e pagando i debiti delle pubbliche amministrazioni; terzo, semplificare un barocco sistema fiscale e ridurre i costi della burocrazia; infine, rendere più flessibile e meno oneroso l’ingresso nel mercato del lavoro”.
A proposito di lavoro, cosa fare per far ripartire l’occupazione?
“La crisi economica si sta trasformando in crisi sociale: l’area della povertà assoluta potrebbe estendersi a 4 milioni di persone nell’anno in corso. Per arginare il problema serve semplificare la gestione dei rapporti di lavoro, la burocrazia e ridurre i costi. Nello specifico, sui contratti a termine è necessario ridurre le pause tra un contratto e l’altro e superare il contributo aggiuntivo dell’1,40%. Sono priorità per rispondere alle esigenze non sempre programmabili di intensificazione dell’attività soprattutto per le imprese del commercio, del turismo e dei servizi”.
Dove sono i soldi per ridurre le tasse?
Con una spesa pubblica di oltre 800 miliardi, è evidente che serve solo più coraggio nel tagliare gli sprechi e la spesa improduttiva.