La Corte di giustizia dell’Unione europea, con una sentenza emessa ieri, ha bacchettato l’Italia sulla qualità dell’aria denunciando che, con “eccedenze sistematiche e persistenti”, nel nostro territorio sono stati violati costantemente “i valori limite fissati” per le polveri sottili. Approvato dunque il ricorso della Commissione europea contro l’Italia per il superamento “continuato e sistematico” dei valori di PM10 nell’aria” in una serie di zone, un fenomeno che peraltro “è ancora in corso” senza che venissero adottate, a partire dall’11 giugno 2010, misure appropriate e tempestive” per garantire il rispetto dei valori limite, ha sentenziato la Corte.
La condanna stabilisce dunque che l’Italia “è venuta meno all’obbligo sancito dal combinato disposto dell’articolo 13 e dell’allegato XI della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”. La vicenda è iniziata nel 2014, quando la Commissione ha messo in mora l’Italia: il governo allora chiese una proroga, che fu stata concessa ma nel 2016 la Commissione ha inviato una lettera di messa in mora complementare, che comprendeva altre zone rispetto a quelle indicate nel 2014 e non avendo ottenuto risposte ritenute soddisfacenti, ha avviato nel 2018 il ricorso alla Corte di Giustizia.
Nella discussione della causa, i rappresentanti dell’Italia hanno affermato che i valori di PM10 si stanno riducendo e che raggiungeranno i limiti previsti dalla normativa comunitaria e che l’inquinamento non dipende solo da provvedimenti nazionali, ma anche da quelli comunitari. Quindi, secondo l’Italia “la Commissione non fornisce la prova che il superamento dei valori limite fissati dalla direttiva 2008/50 sia imputabile all’insufficienza dei piani per la qualità dell’aria di cui trattasi. Se tale istituzione non fosse tenuta a fornire detta prova, ciò equivarrebbe a rendere lo Stato membro interessato responsabile automaticamente o a titolo di responsabilità oggettiva, il che non sarebbe ammissibile”.
I rappresentanti italiani hanno anche opposto questioni tecniche sul calcolo della concentrazione del PM10 ma la Corte ha riconosciuto valide le repliche della Commissione Europea, ritenendo infondate le considerazioni italiane: che i piani per la qualità dell’aria presentati da alcune Regioni sono arrivati in ritardo o non contengono indicazioni sul termine previsto per raggiungere i limiti comunitari oppure hanno termini troppo lunghi. “Prendiamo atto della decisione dell’Autorità e adiremo le vie di giustizia per impugnare il provvedimento”, fa sapere Corepla, ente no-profit che si occupa del recupero di tutte le tipologie di imballaggi in plastica di sua competenza raccolti sul territorio nazionale. “Corepla – si legge nella nota diramata – ritiene infatti di non aver in alcun modo ostacolato l’accesso al mercato di Coripet e di aver sempre operato al solo fine di garantire la continuità dei servizi di raccolta differenziata e riciclo, a beneficio dei Comuni e dei cittadini”.