Pasquale Tridico, già presidente dell’Inps, oggi corre per le elezioni europee come capolista nella circoscrizione sud per il Movimento 5 Stelle. Come mai ha pensato di scendere nell’agone della politica?
“Il mio impegno in politica non è altro che la naturale evoluzione del mio percorso professionale nelle aule universitarie e fuori. Dalla borsa di studio Fulbright che nel 2010 mi portò a New York fino alla presidenza dell’Inps, uno degli Istituti pubblici più grandi d’Europa, ho sempre approfondito le tematiche legate al welfare, la distribuzione del reddito e le conseguenze non solo economiche ma anche sociali. La marcia indietro, se non la palese indifferenza del governo Meloni verso i più poveri e le persone in difficoltà – penso alla cancellazione del reddito di cittadinanza – mi ha infine spinto a fare il passo decisivo. Nel Movimento 5 Stelle ho trovato quella comunità che sa guardare al futuro ma con gli occhi della giustizia sociale che servono oggi”.
Veniamo alla grande questione del mercato del lavoro, i dati Istat dal 2023 segnalano un trend in crescita per ciò che concerne l’occupazione e – inversamente – un calo del tasso di disoccupazione. Eppure 5.7 milioni di persone vivono in povertà assoluta. Come spiega questo fenomeno?
“La maggioranza si concentra sull’analisi quantitativa dei dati Istat e non fa nessuna analisi qualitativa. La curva dell’occupazione è iniziata a salire ben prima della nascita del governo Meloni, già alla fine del governo Conte 2 questa tendenza era iniziata in primis grazie alle politiche di espansione mette in atto in Europa – penso al Next Generation EU – ma anche in Italia come il Superbonus. L’Istat segnala che nel 2023 è aumentata la percentuale di chi svolge un lavoro a termine da cinque anni e più. I salari sono divorati dall’inflazione: l’8,2% dei dipendenti è in povertà assoluta e quattro giovani su dieci guadagnano meno di 9 euro l’ora. Questi dati non possono essere ignorati dal governo”.
Ha firmato i quesiti quesiti referendari della CGIL?
“Si. Ho firmato in favore del referendum promosso dalla Cgil contro alcune norme inserite dal cosiddettoJobs Act e da altre leggi che inseguivano il mito della flessibilità diventata precarietà e l’ho fatto lo scorso 1 maggio, nella festa del lavoro. Fra i quattro quesiti quello che mi sta più a cuore è sicuramente quello relativo agli appalti, sulla responsabilità del committente sugli infortuni. In Italia le morti sul lavoro hanno raggiunto livelli altissimi, servono norme più severe in primis contro il fenomeno del subappalto che abbassa standard di sicurezza e materiali impiegati e poi più controlli. Dove sono gli ispettori sul lavoro? Il governo deve rispondere a questa domanda”.
Il lavoro sta anche subendo profonde trasformazioni, pensiamo all’IA e all’impatto sulle attività produttive. Come governare questo processo per non esserne travolti?
“Tra gli impatti più rilevanti da considerare c’è quello sul mondo del lavoro. Come ogni rivoluzione tecnologica l’introduzione capillare di sistemi IA porterà a una conseguenze occupazionali. Molti posti di lavoro saranno messi a rischio, diverse mansioni spariranno ma al contempo si creeranno nuove opportunità. Al fine di potere sostenere i cittadini europei in questo periodo di transizione sarà opportuno favorire percorsi di upskilling e reskilling, in particolare per le persone over-40. È fondamentale promuovere la formazione continua in un contesto internazionale di rapido progresso tecnologico. Occorrerà inoltre prevedere opportuni sistemi di redistribuzione a favore delle persone fragili o temporaneamente disoccupate”.
La Meloni utilizza spesso la formula del “fisco amico” che sarebbe tra i suoi obiettivi programmatici. Ritiene che il sistema fiscale italiano sia sufficientemente progressivo, o vi sia un’ingiustizia a danno dei più vulnerabili?
“In Italia abbiamo un sistema fiscale vecchio di un secolo che non tiene contro per esempio dei patrimoni e non favorisce quella progressività della tassazione sancito dalla Costituzione. Fino a 50 anni fa la tassazione sul costo del lavoro spingeva le imprese a innovare sul fronte della produttività, oggi questo paradossalmente può essere controproducente per l’ambiente. Se si diminuisse il costo fiscale del lavoro e se si tassasse il consumo di materie prime e l’energia fossile allora l’innovazione si sposterebbe sulla transizione energetica e i lavoratori avrebbero più risorse. Non è un passaggio facile e va gestito bene per gli effetti sulle fasce più deboli ma porterebbe benefici per tutta la società. Sarebbe anche opportuno tassare le transazioni finanziare speculative e abolire i paradisi fiscali che, favorendo sempre e solo le grandi multinazionali, schiacciano i piccoli produttori e le piccole imprese che sono l’ossatura della nostra economia”.
La riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario può essere lo strumento per un’economia più equa e giusta?
”In Italia non esiste una legge sulla settimana corta e questo ha avuto effetti negativi sulla produttività delle aziende (tra il 1995 e il 2022 solo +0,4% contro una media UE-27 del +1,5%) così come sull’aumento dei salari (-2,9% fra il 1990 e il 2020). In molti Paesi europei la settimana corta è già realtà, in altri si sono avviate sperimentazioni che hanno dato ottimi risultati. Pertanto, noi chiediamo una direttiva europea e concedere pari diritti a tutti i lavoratori europei. La sperimentazione di questa misura può partire dai settori a più alta intensità tecnologica, mettendo a disposizione anche i fondi europei così com’è avvenuto per la prima volta nel 2020 con il Fondo Nuove Competenze, istituito dal governo Conte II. Il nostro obiettivo è fare aumentare l’efficienza del lavoro, la produttività e il benessere dei lavoratori. L’UE e gli Stati membri devono fare la loro parte mettendo a disposizione rispettivamente i fondi europei e i contributi figurativi dei lavoratori per la parte di salario ricevuta sotto forma di welfare aziendale”.
Visto che è candidato al Sud, quale lo scenario per il Mezzogiorno con l’eventuale approvazione del DDL Calderoli sull’autonomia differenziata?
“Oltre l’80% dei cittadini del Sud, secondo un recente sondaggio, sono contrari a questa riforma che aumenta le disparità tra Nord e Sud nel campo della sanità, dell’istruzione e dei trasporti. Faccio un solo esempio che mi sta a cuore: il nostro sistema sanitario nazionale. Se passasse il DL Calderoli, la mobilità sanitaria, vale a dire i viaggi della speranza verso regioni che possono garantire maggiore assistenza, aumenterebbe inevitabilmente.Dobbiamo garantire il servizio universalistico che ci ha reso i migliori nel mondo fino a qualche anno fa perché tutti possano accedere alle cure e non solo quelli che possono permettersi di rivolgersi alla sanità privata in caso di necessità. E anche molti imprenditori del Nord temono il caos burocratico. Il governo ci ripensi o andrà a sbattere contro un muro”.
È da poco uscito il suo libro “Governare l’economia per non essere governati dai mercati” (edito da Castelvecchi) con prefazione di Giuseppe Conte. Come nasce il libro e quanto c’è della sua storia professionale-personale in quelle pagine?
“Il mio libro racconta la possibilità di governare l’economia attraverso la mia storia di riscatto sociale. La mia è una storia che parla del Sud: sono l’ultimo di sette fratelli, con un padre sordomuto e una madre casalinga. Ho vissuto in prima persona l’importanza di un welfare solido. Grazie a un apparecchio acustico gratuito, mio padre ha riacquistato l’udito e ha trovato lavoro grazie al collocamento obbligatorio per disabili. Ho lavorato nei ristoranti di Monaco di Baviera durante l’adolescenza e ho beneficiato di sostegno finanziario per gli studi universitari. Ho ottenuto borse di studio, come la prestigiosa Fulbright, che mi ha permesso di fare ricerca a New York. Queste opportunità mi hanno permesso di diventare professore ordinario di Economia nel 2018. La mia storia dimostra che un welfare efficace può trasformare vite, offrendo le risorse necessarie per superare le difficoltà e realizzarsi. In Europa, voglio lavorare per ricostruire un sistema di welfare sociale robusto, che torni a essere un pilastro fondamentale per tutti i cittadini”.
Proprio pensando all’Europa, quali gli obiettivi da perseguire a Bruxelles?
“Il reddito di cittadinanza europeo; La tassa unica sui capitali; La best (banca europea per lo sviluppo e la transizione). Ma in ogni caso tutto questo non sarà possibile se continuerà la guerra, perché non c è progresso e libertà senza pace”.