L’allarme arriva da Treviso ma in realtà coinvolge tutta Italia. Un messaggio chiaro che ha un altrettanto chiaro destinatario: il ministro della Giustizia Marta Cartabia. Nonostante le tante rassicurazioni sullo smaltimento dei processi, soprattutto penali, arrivate negli scorsi mesi anche grazie alle misure disposte dalla Guardasigilli (leggi l’articolo), sembrerebbe che non solo il problema non sia stato risolto, ma che anzi possa a breve peggiorare. La prescrizione dei reati, anche per processi non complessi, riguardanti ad esempio il furto e la truffa, è ormai una certezza, non più un rischio.
CARA MARTA. A denunciarlo, come detto, è stato Massimo De Bortoli, procuratore facente funzioni a Treviso (a breve arriverà il nuovo procuratore Marco Martani), magistrato che si è occupato dell’inchiesta per il crac di Veneto Banca e che già aveva lanciato l’allarme riguardante, però, per quel procedimento, molto complesso e articolato in diversi filoni. In questo caso le sue parole riguardano i processi ordinari, che toccano più direttamente gli interessi di un grande numero di cittadini. Siccome le prime udienze sono fissate ora al 2024 e quindi i dibattimenti ben che vada cominceranno nel 2025, è chiaro che la prescrizione è una realtà inevitabile.
“La barca è di fatto già affondata”, ha detto senza giri di parole De Bortoli che ha scritto al nuovo procuratore generale di Venezia, Federico Prato, delineando il quadro di una giustizia ormai rassegnata, a causa di mancanza di organici che influiscono in modo pesante sui tempi della prescrizione. “In questo modo la giustizia non può funzionare. Dire che la situazione è difficile è un eufemismo”, ha scritto ancora De Bortoli
“Tutti i reati cosiddetti minori che non siano per esempio omicidi, rapine, violenze sessuali, bancarotte sono destinati quasi certamente alla prescrizione, che se non scatta al primo grado arriverà con l’Appello. I giudici sono costretti a rinviare tanti processi monocratici per fare spazio a maxi processi come Veneto Banca o alle Corti d’Assise”.
La relazione inviata a Venezia è eloquente e non a caso ora la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha deciso di inviare gli ispettori. Che, tuttavia, serviranno a ben poco. Il problema, infatti, è di ordine numerico, per così dire: i nodi strutturali a Treviso sono simili a quelli di tanti altri uffici giudiziari, ma non per questo meno drammatici. Mancano dirigenti e impiegati amministrativi. Mancano anche due pubblici ministeri (su 13) e solo di recente sono stati banditi i posti per coprirli, a distanza di un anno dall’allarme inviato al Consiglio Superiore della Magistratura.
BUCHI TOGATI. E il punto è che Treviso non rappresenta in questo un unicum. Secondo i dati disponibili sul sito istituzionale del Csm, infatti, la pianta organica dei magistrati dovrebbe contare 10.433 togati, ma risulta una scopertura di 1.343 unità. Nel dettaglio mancherebbero 989 magistrati giudicanti (su un totale in pianta di 7.814) e 354 magistrati requirenti (su 2.619 che dovrebbero essere in totale).
Uno dei distretti più “preoccupante” è Roma: qui in totale dovrebbero operare 602 magistrati tra requirenti e giudicanti ma ne mancano all’appello ben 121. Il 20%. Né va meglio in località dove il presidio dovrebbe essere una priorità. Un esempio? Reggio Calabria: i magistrati requirenti – e dunque coloro che effettivamente conducono le indagini – dovrebbero essere 66, ma sono operativi in 54. Dodici in meno (il 18,8%) che si fanno sentire.