di Mauro Franchi
Si alzano all’alba e tornano a casa a notte fonda. La maggior parte di loro per un misero stipendio. Sono costretti a viaggiare in carrozze che sembrano più carri bestiame che treni, sporche e sovraffollate. Troppo spesso in ritardo allucinante. Sono i pendolari italiani, quei lavoratori presi a calci da uno Stato che non riesce a garantire un minimo di servizio a chi con il sudore della propria fronte manda avanti il Paese. A indagare in un simile girone infernale, stilando la classifica dei peggiori incubi dei viaggiatori, è stata ancora una volta Legambiente, con l’ormai tradizionale rapporto “Pendolaria”. L’associazione ambientalista ha stilato la classifica delle dieci peggiori linee ferroviarie regionali, quelle su cui sono costrette a viaggiare e che rendono la vita impossibile a migliaia di lavoratori italiani. Nella black list sono finite la Circumvesuviana, la Roma Nettuno, la Padova-Calalzo, la Potenza-Salerno, la Campobasso-Isernia-Roma, la Bologna-Porretta Terme, la Siracusa-Ragusa-Gela, la linea Arquata Scrivia-Genova Brignole , le linee interne piemontesi, e la Mantova-Cremona-Milano. Per una volta stessi enormi disagi tanto al Nord quanto al Sud, una triste eguaglianza in uno Stato storicamente diviso. La causa di un tale inferno? La principale sicuramente sta nella drastica riduzione dei fondi destinati al trasporto pubblico. Le stime di Legambiente parlano chiaro: rispetto al 2009 le risorse da parte dello Stato per il trasporto pubblico su ferro e gomma sono diminuite del 25% e le Regioni, a cui sono andate le competenze sui treni dei pendolari, non hanno investito un centesimo. Su quelle linee si spostano la maggior parte dei lavoratori, che quotidianamente raggiungono i centri principali delle regioni in treno. Delle migliaia di cittadini che devono fare ricorso al mezzo pubblico, il migliore come amano ripetere i politici ammantando la loro azione di un certo ambientalismo, non si cura però nessuno. Tra il 2011 e il 2013, il taglio ai servizi ferroviari è stato poi stimato pari al 21% in Abruzzo e Liguria, al 19% in Campania. L’unica cosa che è aumentata è il prezzo dei biglietti, l’ennesimo schiaffo ai lavoratori pendolari: 47% in più in Piemonte, 41% in Liguria, e 25% in Abruzzo e Umbria.