Un siluro dopo l’altro e Pier Luigi Bersani ha interrotto la tregua armata nel Partito democratico. “C’è uno che fa il vicepresidente della Camera che insulta verbalmente uno dei piu’ bravi ragazzi che fa politica e che si chiama Roberto Speranza e il giorno dopo quel vice presidente va in tutte le tv e fa servizi sui giornali. Se funziona così sappiate che c’è della gente che non ci sta”, ha attaccato l’ex segretario dem parlando degli insulti di Roberto Giachetti. Ma non solo.
Il padre nobile della sinistra Pd è andato giù duro anche nei confronti di Matteo Renzi. Negando anche che l’attuale leader del partito abbia fatto autocritica. “Mi viene da sorridere perché le autocritiche sono robe abbastanza impegnative, serie. Se si dice ‘abbiamo ragione in tutto ma non l’abbiamo fatto capire’, questo è il contrario di un’autocritica”, ha osservato Bersani. Le critiche sono arrivate anche nel merito. A cominciare dal Jobs Act: “Il sistema dei voucher, soprattutto per i giovani, è umiliante e ingiusto. Poletti dica quel che vuole ma adesso il governo Gentiloni deve mettere rimedio a questo sconcio”.
E ancora: “Per l’operaio il Pd non è più una opzione politica. Il Paese pensa che siamo il partito dell’establishment, con i banchieri si parla, ma dal tuo punto di vista, da quello del partito”. L’unica apertura è arrivata sulla legge elettorale: “Nel Mattarellum si puo’ trovare una soluzione che può avere una certa concessione di proporzionalità e con dei collegi che permettono agli elettori di conoscere i parlamentari”.