In queste settimane si è discusso lungamente delle proteste dei trattori che hanno caratterizzato molti paesi europei, incluso il nostro che ha subìto i danni di una sciagurata tassazione da parte del governo che poi ha pensato di esibirsi in un “passo del gambero” con una imbarazzante retromarcia.
Tolleranza zero contro gli attivisti di Ultima generazione. Ma a trattori e agricoltori in protesta tutto è concesso
Abbiamo parlato del tema in modo polarizzato, come una delle tante possibili declinazioni del match tra ecologisti-europeisti e negazionisti-populisti. Abiti comodi da indossare durante le campagne elettorali per parlare ai cittadini provando a raccoglierne il consenso. Mai come in questo caso, però, la verità sta nel mezzo ed è ciò che probabilmente – numeri alla mano – rende tanto popolare tra i cittadini la difesa dei propri diritti da parte degli agricoltori.
Questi, vendendo il proprio prodotto a dei costi che delle volte non coprono quelli di produzione, vedono lo stesso prodotto finire nel carrello della spesa del consumatore – che accusa il caro-vita sempre più – a cifre iperboliche raggiunte attraverso una filiera troppo lunga e interessata al proprio profitto. Così come è evidente che, coloro che vivono del lavoro della propria terra non possano essere accusati di essere i deturpatori dell’ambiente, o di non riconoscere i nocivi effetti che il cambiamento climatico procura alle loro coltivazioni, a partire dal fenomeno della siccità che ha visto gettare al macero tonnellate di prodotti ortofrutticoli non più vendibili con dei danni economici anche per la categoria stessa.
In tanti, troppi, si vedono costretti a vendere i propri terreni a grandi multinazionali che li utilizzano per produrre energia sostenibile, salvo sottrarre quei terreni proprio all’agricoltura. Il sistema dell’agrifotovoltaico, se incentivato adeguatamente dati gli elevati costi previsti dalla sua realizzazione e manutenzione, sarebbe l’unico in grado di tutelare in maniera efficace le produzioni generando al contempo dell’energia “pulita”. Tanto ci sarebbe da dire anche sulla concorrenza sleale e sui meccanismi della Pac, che pur vedendo ingenti risorse destinate agli agricoltori europei, non tutelano i piccoli lavoratori del settore (numerosissimi in Italia) ma solo le produzioni intensive delle grandi aziende.
È evidente che ci siano, insieme a numerose altre, valide ragioni per manifestare ma è altrettanto vero che la protesta deve assumere le giuste forme. In Italia le manifestazioni sono state pacifiche, salvo strizzare l’occhio da parte di alcune sigle all’estrema destra di cui si temevano infiltrazioni (ricordate gli attacchi alla Cgil durante la pandemia?), ma quello che sta accadendo a Bruxelles di civile sembra avere davvero poco. Con questo non attribuiamo la responsabilità ai nostri agricoltori connazionali, che pure stanno partecipando, ma un aspetto dovrebbe farci decisamente riflettere.
Abbiamo visto l’attuale governo stracciarsi le vesti contro le manifestazioni ecologiste di Ultima Generazione, emanare nuove e più punitive norme per scoraggiarli da gesti di protesta, mentre ora – con gli agricoltori in rivolta – appare tutto lecito, tutto giusto. Verrebbe da pensare che la logica sia quella di due pesi e due misure. O, forse, il tema ambientale non conta quanto la difesa degli agricoltori? A spaventare è la miopia della politica, e del dibattito da questa generato, nel non cogliere che si tratta delle due facce di una stessa medaglia e nel voler strumentalmente accendere lo scontro. La vera vittoria – innanzitutto culturale – sarebbe vedere movimenti ambientalisti manifestare assieme agli agricoltori.Perché questa battaglia, per essere vinta, va giocata combattendo dalla stessa parte.