Strette di mano, pacche sulle spalle e le frecce tricolore che salutano la firma del Trattato del Quirinale tra Roma e Parigi (leggi l’articolo). Dopo mesi di duro lavoro da parte delle rispettive diplomazie è stata siglata la partnership politica e strategica, senza tracce della minaccia neocoloniale francese denunciata da Giorgia Meloni, che ricalca il modello di quella già esistente da decenni tra Francia e Germania.
“La firma del Trattato del Quirinale per una cooperazione rafforzata è un altro passo che muoviamo insieme in un percorso comune, europeo e che guarda al futuro con lungimiranza. L’amicizia e i rapporti tra i nostri due Paesi si fanno così ancora più strutturati, e a rafforzarsi sarà anche tutta l’Unione europea” ha spiegato con soddisfazione il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Lo stesso ha poi spiegato che il testo siglato tra le due nazioni riguarda la “difesa comune europea, ripresa economica post pandemia, sicurezza nel Mediterraneo, dossier libico e migrazioni: sono alcune tra le più importanti sfide che condividiamo e che dobbiamo affrontare uniti”.
NUOVI EQUILIBRI. “Trattato del Quirinale: l’Italia firma un accordo rafforzato con la Francia, che ha già un trattato di ferro (Aquisgrana) con la Germania. Di fatto abbiamo dato una delega in bianco a Parigi per trattare a nome nostro. Temo che l’Italia non ci guadagnerà, a differenza del Pd” ha subito fatto sapere la leader di Fratelli d’Italia. Quale sia la logica per la quale il Pd dovrebbe beneficiare dell’accordo non viene spiegato, come resta avvolto nel mistero anche quale sarebbe la cessione di sovranità dell’Italia lamentata. Del resto l’accordo non prevede alcuna “delega in bianco” e tanto meno una sottomissione ai cugini d’Oltralpe ma – a ben vedere – sembra più che altro un accordo di immagine, per dare un segnale agli alleati Ue.
La realtà semmai è l’opposto di quanto sostengono i sovranisti italiani perché l’obiettivo dell’accordo è quello di formare il secondo motore dell’Ue, da affiancare a quello che storicamente lega Berlino a Parigi. Non solo. Il patto trova la sua ragion d’essere nel fatto che la Germania è all’alba di una nuova era politica, con un’alleanza di sinistra pronta a subentrare dopo 16 anni di governo Merkel. Un cambiamento epocale e dagli esiti incerti, per il quale il premier Mario Draghi e il presidente Emmanuel Macron hanno, ormai da mesi, frequenti interlocuzioni che hanno portato alla sigla del Trattato del Quirinale.
TRA BUFALE E NOVITÀ. Tutte ragioni che dimostrano quanto questo patto sia necessario per l’Italia, ancor più che per la Francia. Peccato che a non capirlo è la destra sovranista a cui lo stesso Draghi si è rivolto spiegando che “la nostra sovranità, intesa come capacità di indirizzare il futuro come vogliamo noi, può rafforzarsi solo attraverso una gestione condivisa delle sfide comuni” e per questo bisogna “accelerare il processo di integrazione europea”.
Proprio quanto intende fare il Trattato che prevede una maggiore cooperazione tra Roma e Parigi che, tanto per intenderci, una volta ogni 3 mesi vedranno un ministro italiano partecipare a un consiglio dei ministri del governo francese e viceversa. Punto questo che è stato duramente criticato dalle destre italiane, convinte che sia la prova di una cessione di sovranità contro cui tutti si dovrebbero sollevare. Peccato che sia un falso storico perché la stessa cosa avviene già da anni tra Germania e Francia in base all’analogo accordo sancito ad Aquisgrana e citato dalla stessa Meloni.