“Il processo Trattativa è finito come era inevitabile che finisse, io confesso che quando è cominciato pensavo che non sarebbe andato da nessuna parte invece è stato glorioso”. Si potrebbe partire dalle parole del sostituto procuratore generale di Messina Felice Lima pronunciate qualche giorno fa per leggere questi giorni dannati in cui l’anti-antimafia italiana esulta scomposta per una sentenza di Cassazione che non ha capito nemmeno. Le reti televisive e gli editoriali esplodono di sedicenti esperti di mafia che abbaiano contro i magistrati.
Sulla sentenza del processo Trattativa Stato-mafia si può solo sparare. Così non si parla di Cosentino e D’Alì
“Non c’è stata nessuna trattativa!”, ripetono in coro. L’assoluzione in Cassazione dei carabinieri Mario Mori, Giuseppe De Donno e Antonio Subranni, non colpevoli “per non aver commesso il fatto”, di Marcello Dell’Utri “per non aver commesso il fatto” e la prescrizione che ha salvato i boss mafiosi Leoluca Bagarella e Antonino Cinà dal reato riformulato in “tentata minaccia a corpo politico dello Stato” consente a qualche avventuriero di ripetere che “non c’è stata nessuna trattativa”.
Gli anti-antimafiosi fingono di non sapere che gli imputati non sono stati assolti perché il fatto non sussiste ma per non averlo commesso. Che questo processo dovesse dimostrare l’esistenza di una “trattativa” è un cruccio di qualche disinformato o colluso. Ci sono sul punto almeno 5 sentenze definitive in cui si scrive nero su bianche che le stragi mafiose fossero state compiute per costringere lo Stato a scendere a patti con la mafia. Si ritennero sufficientemente provati i contatti avvenuti dopo la strage di Capaci tra l’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino, e il Ros.
Quindi con chi trattarono i mafiosi? “La trattativa è un’invenzione”, ripetono in coro i pappagalli e i loro fiancheggiatori. Se fu un’invenzione sappiano (e si dica in giro) che proprio Mario Mori ne è il padre. Fu lui a raccontare, in una sua deposizione, il suo dialogo con l’allora sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino: “Ma signor Ciancimino, ma cos’è questa storia qua? Ormai c’è muro, contromuro. Da una parte c’è Cosa Nostra, dall’altra parte c’è lo Stato? Ma non si può parlare con questa gente?” – disse Mori, lo racconta lui stesso -. E restammo d’accordo che volevamo sviluppare questa trattativa”.
Cosa serve per zittire questo fragore indecente che da giorni vorrebbe affogare Nino Di Matteo, Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia? La Cassazione ha assolto il generale Mori e gli altri componenti del Ros dal reato di “attentato agli organi politici dello Stato”. La Cassazione riconosce che la tentata minaccia l’hanno compiuta solo i mafiosi Bagarella e Antonino Cinà (il medico vicino a Riina). Cosa abbia portato. Cosa nostra la trattativa la Cassazione non lo spiega.
La Cassazione non esclude che ci fu un canale aperto tra lo Stato e le cosche. Fingere di non capirlo rasenta la malafede
Rimaniamo con i dubbi sulla latitanza per 40 anni di Bernardo Provenzano nonostante 10 anni prima del suo arresto un mafioso infiltrato (Luigi Ilardo) avesse indicato il casolare in cui si nascondeva. Ci teniamo i 30 anni di latitanza di Matteo Messina Denaro comodamente nascosto a casa sua. Ai plotoni schierati su giornali e televisioni interessa confondere le acque, calunniare e mischiare. Usare una sentenza per negare fatti già scritti in altre sentenza. Usare una sentenza per smentire lo stesso Mori che si agitano per difendere.
Un tilt di opacità che come sempre accade quando si parla di mafia può avere solo due case: collusione o cretineria. Due vizi ugualmente insopportabili per una presunta classe dirigente. Nel frattempo i tromboni dell’anti-amtimafia si sono distratti di fronte alla condanna dell’ex coordinatore campano di Forza Italia (nonché ex sottosegretario) Nicola Cosentino (nella foto) al soldo dei Casalesi. Come precedentemente si sono persi la condanna dell’ex senatore berlusconiano Antonio D’Alì. La sineddoche di usare la sentenza di Cassazione (senza averla compresa) per condonare le responsabilità della politica è un gioco vigliacco e antico. Ma non durerà per sempre.