Prima di sedersi a tavola per la lunga cena con cui preparare l’Ecofin che si terrà in giornata a Bruxelles, i ministri delle Finanze di tutta Europa ieri hanno manifestato un certo ottimismo per riuscire a trovare un accordo sulla riforma del Patto di stabilità. Certo “le distanze restano”, come ha ricordato il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, ma appare chiaro che una riforma dei vincoli di bilancio fa comodo a tutti e per questo è probabile che l’intesa arriverà, se non all’Econfin allora la volta buona potrebbe essere il vertice del 14 e 15 dicembre a cui parteciperanno i leader dei Paesi Ue.
I ministri delle Finanze di tutta Europa hanno manifestato un certo ottimismo per riuscire a trovare un accordo sulla riforma del Patto di stabilità
Ottimismo condiviso anche dall’asse franco-tedesco con il ministro delle Finanze di Parigi, Bruno Le Maire, convinto che “la Francia ha compiuto tutti i passi necessari nei confronti della Germania per raggiungere un compromesso, siamo d’accordo al 90%”, spiegando che il nodo che si cercherà di scegliere in nottata sarà quello sugli investimenti perché bisogna evitare regole che rischiano di frenare la crescita e “questo principio è per noi una linea rossa assoluta”. Si tratta del famoso rigore invocato da Berlino ma su cui il governo di Olaf Scholz sta allentando la presa, probabilmente sulla spinta dei pessimi dati economici tedeschi, come testimonia il fatto che il ministro delle finanze della Germania nonché noto falco, Christian Lindner, che arrivando alla cena con i suoi omologhi ha detto chiaro e tondo che “un accordo è possibile.
Ci sono ancora domande senza risposta: quel 10% dove non siamo ancora d’accordo tra di noi potrebbe essere decisivo. Si tratta della questione della procedura per i disavanzi, originariamente c’era un accordo per non toccarla ed è per questo che dobbiamo vedere insieme come possiamo costruire su questo tema un ponte comune”. Chi non è sembrato altrettanto ottimista è il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni convinto che con la riforma del Patto “abbiamo bisogno di stabilità e anche di garanzie per assicurare che ci sia una riduzione del debito, ma allo stesso tempo abbiamo bisogno di spazio per gli investimenti e la crescita: questi due aspetti sono stati tenuti insieme nella proposta della Commissione e dovrebbero rimanere insieme anche nell’accordo”, precisando che a suo dire le chance di intesa all’Ecofin di oggi, a cui parteciperà per l’Italia il ministro Giancarlo Giorgetti, sono più o meno del “51 per cento”.
L’Italia si accoda. Giorgetti gioca le ultime carte all’Ecofin
Sul tavolo dell’Ecofin ci sarà il testo di compromesso preparato dalla presidenza spagnola con cui è stato confermato un taglio annuale del debito dell’1% per chi sfora il 90% del Pil, e dello 0,5% per chi ha un rapporto debito-Pil tra il 60% e il 90%. Ancora aperta la partita relativa al deficit per chi supera il 3% del Pil dove, contrariamente a quanto chiedeva Berlino, anziché un aggiustamento strutturale dello 0,5% si dovrebbe puntare a una riduzione compresa tra lo 0,3% e lo 0,4%. Sul nodo investimenti emerge che in via transitoria per l’estensione dei piani di spesa saranno sufficienti gli impegni presi sui Pnrr, e che per due anni i progetti legati a esso e il cofinanziamento nazionale dei fondi Ue verranno considerati per deroghe sulla linearità degli aggiustamenti fiscali. Nulla da fare, salvo colpi di scena, in merito alle richieste del governo di Giorgia Meloni in fatto di investimenti sulla Difesa che, come avviene oggi, continueranno a essere considerati “fattori rilevanti” nell’attivazione della procedura per deficit eccessivo.