A fare i conti sono i padroncini della Fita-Cna, una della maggiori associazioni nazionali dell’autotrasporto, che parlano di danni incalcolabili per tutto il settore in caso di chiusura del traforo autostradale del Gran Sasso. Lo stop è previsto per domenica prossima, nonostante non sia chiaro quanto sia realmente motivata la decisione del concessionario della tratta, la società Strada dei Parchi (Sdp) , che fa capo al Gruppo Toto. Dietro la chiusura c’è infatti un procedimento della magistratura per l’inquinamento delle falde acquifere, che richiedono lavori urgenti, peraltro non è neanche chiaro a spese di chi. Ma dal punto di vista delle imprese, grandi e piccole, che assicurano il trasporto delle merci da una parte all’altra dell’Italia, attraverso un’arteria che non ha alternative.
“La chiusura del traforo autostradale del Gran Sasso – ha spiegato il presidente nazionale della Fita-Cna, Patrizio Ricci – è un’ipotesi che va evitata a tutti i costi. Non si può interrompere il principale asse di collegamento tirreno-adriatico in Italia centrale: lo stop arrecherebbe danni incalcolabili all’economia nazionale e metterebbe in ginocchio aree già duramente colpite dal terremoto. È paradossale che, invece di accelerare la realizzazione di infrastrutture e di pensare a collegamenti più efficienti in tutta Italia, e soprattutto nelle aree interne, si marci al passo del gambero penalizzando la vivibilità e la competitività del nostro Paese. Eppure una soluzione a questi stop improvvisi la si poteva, la si può, trovare”.
E qui Ricci avanza una proposta: “Basterebbe applicare il Codice della strada, che fin dal 1992 prevede la costituzione di un Archivio nazionale delle strade. Uno strumento mirato a conoscere lo stato di ogni tratto viario, a programmarne la manutenzione, a garantirne la messa in sicurezza, a individuare percorsi alternativi consentendo alle imprese di contenere i costi”.
La possibilità di scongiurare la chiusura, o almeno di rinviarla, è affidata a un vertice al Ministero dei Trasporti, Il concessionario dell’autostrada A24 Roma-L’Aquila-Teramo su cui si trova il traforo (il tratto è quello di Assergi-Colledara), è coinvolto in un procedimento giudiziario per inquinamento che si aprirà il 13 settembre prossimo, insieme all’Istituto nazionale di fisica nucleare (che ha il suo laboratorio nella montagna) e al gestore della rete idrica locale (Ruzzo Reti).
A Sdp viene contestata la presenza di toluene, che sarebbe finito nelle falde a seguito di lavori di manutenzione del 2017. Riscontrate anche 2.300 tonnellate di sostanze chimiche pericolose prodotte dal laboratorio di fisica nucleare. E sullo sfondo resta la preoccupazione per la capacità delle strutture di resistere a un nuovo eventuale evento sismico che renderà necessario rivedere in profondità buona parte della rete Sdp (non solo la A24, ma anche la A25, con costi fino a 7 miliardi di euro.