di Fabrizio Gentile
La delega alle politiche sulla droga è stata per giorni al centro di uno scontro sotterraneo ma piuttosto violento all’interno delle forze che compongono il nuovo governo di transizione. Un dibattito che ha coinvolto non solo i partiti, ma anche le diverse organizzazioni che si occupano del fenomeno.
Il presidente di Libera e del Gruppo Abele, don Luigi Ciotti, ha parlato di “immotivato ritardo” nell’assegnazione della delega, spingendo per farla arrivare là dove anche i Radicali e parte deel centrosinistra volevano: nella mani del neo ministro all’integrazione Kyenge.
Di segno completamente opposto a lettera spedita al governo dalla comunità San Patrignano per chiedere una scelta in «continuità» con gli ultimi cinque anni di attività del Dipartimento per le politiche antidroga attualmente capeggiato dal professor Giovanni Serpelloni. E pochi giorni prima, invece, era stato il Coordinamento nazionale dei Garanti dei detenuti a inviare un telegramma al ministro dei rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, per esprimere «viva preoccupazione» per l’attribuzione della delega ad Alfano. Eh già, perché nello scacchiere delle nomine il trasferimento della delega alla Kyenge (“un naturale approdo – ha detto il segretario dei Radicali italiani Marco Staderini -. Noi riteniamo sbagliate le politiche proibizioniste messe in atto dal Dipartimento sotto la guida di Serpelloni”) ha provocato l’immediata contromossa al rialzo del Pdl, che in caso di spostamento avrebbe spinto per affidare la delega al minitro dell’Interno , “il che – spiega ancora Staderini – provocherebbe la militarizzazione del settore lasciandolo totalmente in mano al centrodestra”.
Alla fine dunque tutto resterà com’è, o almeno queste sono le ultime indiscrezioni che arrivano dai palazzi del potere. La Presidenza del Consiglio è equidistante sia in termini politici sia in termini istuzionali, e dunque la soluzione non può essere che quella aderente allo spirito di questo governo: “di transizione”. La delega tanto contesa e contestata resterà dunque nelle mani del Capo Dipartimento Giovanni Serpelloni, in continuità con il lavoro svolto fino a oggi. Che, al di là delle evidenti differenze di giudizio sul tema del proibizionismo rispetto alla politica interna, ha incassato importanti collaborazioni su progetti internazionali, uno per tutti quello con gli Stati Uniti.